La donna. A Giorgio Sand - Edizione digitale XMLcompiled byMaria Federica CartenìCarte Tommaseo Online2025
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Carte d'autore onlinePoesieTommaseo, NiccolòSuccessori Le MonnierFirenze1872Trascrizione e revisione testiMaria Federica CartenìClaudio LupinuMarcatura XML testiMaria Federica CartenìManuela FerraroCodifica XML automatica estratta da WCM-BDGiovanni Salucci - MRX srlCoordinamento scientificoSimone Magherini
La donna. A Giorgio Sand
Ombra fugace, ed immortale idea,Sacro, immondo, terribile diletto,Donne, voi siete. La Virtù che crea,Nel vostro grembo il secol rinnovella:Sugge il fanciul da’ vostri baci in priaIl Verbo ch’è fattor dell’intelletto.Siete Dio. Tutta spirto è la bellezzaChe lo spirto in voi cerca. Il cor negli occhi,Della voce nel suon l’anima intera;E traspar dalle forme un’armoniaChe con man non si coglie: ella rispondeAll’intimo intelletto dell’amore:Il resto è fango. E incauto al vostro fangoL’uom s’inchina, e calpesta il vostro nume;E s’avvisa d’intendervi nel fondo,Come bambino intende i suoi trastulliSe li brancica e infrange. Intere e nettePer distanza allo sguardo entran le cose;Come in pure acque il cielo e l’erba verdeMiri dall’alto; ma se in lor t’immergi,Lo specchio è muto. E se, o gentili, il coreD’umiltà non vi sfiori arte tiranna,Umiltà v’è natura, e caro istintoLa scïenza de’ nobili desii.La Bontà che promette minacciando,Libertade alla donna annunzïavaNascitura dal fallo: e gli occhi d’EvaNella speme del supplice rimorso,Lagrimando, intravvidero Maria.Nel nome di Maria l’amor più puro,E più sacro il domestico ricetto,E la donna men serva. E queste umìli,Alto ispirando il cuor de’ figli nostri,Libertà porteranno all’egre genti,Chiesta indarno agli sdegni, al senno, all’armi.E saran da’ tiranni abbracciamentiFranche e dal reo martir de’ servi baci:O figliuol di Maria, tu solo intendiL’alto misterio del piacer verace.Oh se Dio noi difende, il grave fiato,La dura man dell’uomo, estinto avriaQuesto gracile fior che pensa e geme.Serva a tue voglie ed alle altrui, tu regni:Tu del tuo sen l’infante nutri, accogliL’uom dolente al tuo seno, e del tuo coreScaldi il cor che già sente in sè la tomba.Gli Angeli, come rose al vento sparse,Raccolgono i tuoi preghi; e il capo chinoN’ha della schiava umanità ghirlande.Chi numerar sapria quanti un affettoChiuda pensieri, e quanti affetti un suono?Chi ridir quanti de’ comuni affanniNelle bestemmie tue, Lelia, prorompano,Ne’ sospir del tuo canto e ne’ sorrisi?Al piede snello non calzar dell’arteIl piombo; il mite lacrimoso ciglioNon gravar d’accademica burbanza.Tu se’ donna, o poeta: e quando intendi,D’ire superbe e dubbi freddi armata,Più che donna parer, cadi, e il serpenteDella noia ti striscia al petto e al crine.Tu se’ donna. A volar tra’ raggi e il verdeDelle valli e del cielo ove crescesti,E nel concento de’ ruscelli notiInebrïarsi, e all’ùmile gioire,E ad intender la croce e ad abbracciartiCol dolor, fido sposo e caldo amante,L’anima tua gentil creava Iddio.Scende via pe’ declivii della vitaTorrente, il sai, più ruinoso amore.E se pensati errori e cerche ambasceTrama a te la procace fantasia;Pensa ai veri dolor’ che sugli umaniPiovono come i rai d’un dì sereno:Pensa a lor che per molti anni contenteStettero a un solo affetto, e morte il rompe;Pensa alla pura vergine desertaDel suo lieto desìo; pensa alle fideDerelitte; alle madri, a cui la proleChiede piangendo pane, e pan non hanno;Pensa le inferme in angoscioso letto;Quelle che für vendute, o sè vendéro;Tutti, col Figlio umìl, coll’alta Madre,Per la lunga de’ secoli catena,I duoli accogli delle umane genti;Te, misera, per tutti espïatriceOstia consacra: e allor saprai l’amore.1836.