Per giovanetta che va sposa al Brasile
Fuggi le tane aurate
Di mal domate belve,
E del lontan Brasile
Nelle profonde selve
Ricovrati, o gentile.
Rocce vedrai vestite
Di pendenti ghirlande,
Lussureggiar le lande,
L’isole, le convalli,
Di verdeggianti vite;
E il molto fior ch’estolle
Le odorate corolle
Sui fuggenti cristalli;
E in bianchi e in bruni e in gialli
Ed in color di rose
Le austere arbori annose
Gioir di ricco aprile.
Non pensata vedrai
Varïetà d’odori,
Di bellezze, d’amori:
E in tirso, in ondeggiante
Nastro, in racemi, in gai
Festoni, in lunghe spire
Conserti i fior’ venire;
E l’ellera gigante;
E, più d’alpine piante
Un arboscel sublime,
Fletter le lente cime
A grande arco simile.
Il margine a’ ruscelli,
Quasi un fiorito calle,
Alïanti farfalle
Fitto ingemmar vedrai:
Di sconosciuti uccelli
Forti e soavi note
Errar di selve ignote
Per l’ampia pace udrai.
Di verdi e aurati rai,
In nuova guisa ardenti,
Stellar l’ombre lucenti
La luccioletta umìle.
Felice l’uom che intese
La sapïente e pura
Tua voluttà, Natura!
L’arte strisciando in nodi
Di serpe a noi s’apprese;
Ai mollemente fieri
Tormentosi piaceri,
Ai lenti dubbi, agli odî
Freddi, alle dotte frodi
Gli arguti ingegni aprìa;
Di sante li vestìa
Rabbie, e d’audacia vile.
Ahi, tutti schiavi e tutti
Noi siam selvaggi ancora.
L’uomo il vicino ignora;
E ne’ fraterni guai
Non sente i proprii lutti.
Di Cristo il sangue in questa,
Mal nota ancor, foresta
Non è piovuto assai.
Oh Padre, e quando mai
La potestà del brando
Sarà finita? E quando
Saremo un solo ovile?
1835.