A una marchesa partoriente - Edizione digitale XML compiled by Maria Federica Cartenì Carte Tommaseo Online 2025

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Carte d'autore online Poesie Tommaseo, Niccolò Successori Le Monnier Firenze 1872
Trascrizione e revisione testi Maria Federica Cartenì Claudio Lupinu Marcatura XML testi Maria Federica Cartenì Manuela Ferraro Codifica XML automatica estratta da WCM-BD Giovanni Salucci - MRX srl Coordinamento scientifico Simone Magherini
A una marchesa partoriente Io canto al tuo periglio. Forse una bara fia La culla del tuo figlio; Forse due care vite, Di comune agonia Nel volo andranno unite; Dove l’uman desio Le immense ali riposa Sotto il braccio di Dio; E paion fior’ celati In fondo a valle ombrosa I mondi immensurati. Forse una vita nuova Ti s’apre; e adesso appena Comincia la tua prova. Raccogli, quant’è molta, La giovanil tua lena, Donna; e il poeta ascolta. Se affaticar non sai Di forti gioie il cuore, Misera e rea sarai. Da quest’angusto e frale T’innalza a quell’amore Eterno, universale, Che ne’ suoi giri abbraccia L’oscura della terra E la raggiata faccia; Che tutte creature In un amplesso serra, Le ignote e le future. Battaglie dolorose, E a tutti, fuor ch’a Dio E agli Angeli, nascose, Ti darà la speranza Perfida, il van desio, L’impronta rimembranza: Ma poi del suo piacere, Serenamente queto, Dio ti darà godere; E, nella sua giustizia Raccolto, il cor secreto A sè sarà letizia. Se mai tra gli odorati Fior’ che del ciel le schiette Lagrime avran rigati, Della calunnia il vento Freddo e crudel si mette, Non ne menar lamento. Gli è delle cose belle Destin, che o le sian guaste O non si creda in elle. Ma del tuo verde a’ lieti Silenzii ed alle caste Aure de’ tuoi roseti (Chiuso orticel gentile, Cui l’invecchiar dell’anno Rinnoverà l’aprile) Verran di tanto in tanto E grato apporteranno Le gentili alme un canto: E il dolce odor che intorno Spirerà da que’ rami, Nuovo ogni nuovo giorno, Forse avverrà ch’al vero Dal mesto error richiami Qualche stanco pensiero. Questa ch’or t’è largita Anima nuova, fia Gran parte di tua vita. Tiengli in sublime il guardo Levato, e lo disvia Dal secolo codardo, Che ha molti i vanti, ha vile L’ira, gli amor’ loquaci, E gioventù senile, E svogliato il desire; Che non sa dar possenti Nè ferite nè baci, Fiacco l’opre e gli accenti. Pochi nel suo viaggio Avrà compagni, e oscuro E’ parlerà linguaggio, Quasi difficil canto, Che il secol poi maturo Ripeterà con vanto. Ma, com’uom che si muore Di freddo a cielo aperto, Che il desïato albore Chiarir non vede ancora, Dice: io morrò, ma certo, Certo verrà l’aurora; Tal egli il giovanetto, Cui sarà fè possente Il meditato affetto, Con la morente mano Additerà presente Il secolo lontano. Questi, madre felice, Benedetti il poeta Dolori a te predice. Se al figliuol tuo di grami Gusti dev’esser lieta La vita, e d’ozii infami; Se dell’italo germe Non può, con degni figli, Sanar le posse inferme; Se in altro e’ dee sua gioia Locar che in bei perigli E in alti affanni, ah muoia.