A una marchesa partoriente
Io canto al tuo periglio.
Forse una bara fia
La culla del tuo figlio;
Forse due care vite,
Di comune agonia
Nel volo andranno unite;
Dove l’uman desio
Le immense ali riposa
Sotto il braccio di Dio;
E paion fior’ celati
In fondo a valle ombrosa
I mondi immensurati.
Forse una vita nuova
Ti s’apre; e adesso appena
Comincia la tua prova.
Raccogli, quant’è molta,
La giovanil tua lena,
Donna; e il poeta ascolta.
Se affaticar non sai
Di forti gioie il cuore,
Misera e rea sarai.
Da quest’angusto e frale
T’innalza a quell’amore
Eterno, universale,
Che ne’ suoi giri abbraccia
L’oscura della terra
E la raggiata faccia;
Che tutte creature
In un amplesso serra,
Le ignote e le future.
Battaglie dolorose,
E a tutti, fuor ch’a Dio
E agli Angeli, nascose,
Ti darà la speranza
Perfida, il van desio,
L’impronta rimembranza:
Ma poi del suo piacere,
Serenamente queto,
Dio ti darà godere;
E, nella sua giustizia
Raccolto, il cor secreto
A sè sarà letizia.
Se mai tra gli odorati
Fior’ che del ciel le schiette
Lagrime avran rigati,
Della calunnia il vento
Freddo e crudel si mette,
Non ne menar lamento.
Gli è delle cose belle
Destin, che o le sian guaste
O non si creda in elle.
Ma del tuo verde a’ lieti
Silenzii ed alle caste
Aure de’ tuoi roseti
(Chiuso orticel gentile,
Cui l’invecchiar dell’anno
Rinnoverà l’aprile)
Verran di tanto in tanto
E grato apporteranno
Le gentili alme un canto:
E il dolce odor che intorno
Spirerà da que’ rami,
Nuovo ogni nuovo giorno,
Forse avverrà ch’al vero
Dal mesto error richiami
Qualche stanco pensiero.
Questa ch’or t’è largita
Anima nuova, fia
Gran parte di tua vita.
Tiengli in sublime il guardo
Levato, e lo disvia
Dal secolo codardo,
Che ha molti i vanti, ha vile
L’ira, gli amor’ loquaci,
E gioventù senile,
E svogliato il desire;
Che non sa dar possenti
Nè ferite nè baci,
Fiacco l’opre e gli accenti.
Pochi nel suo viaggio
Avrà compagni, e oscuro
E’ parlerà linguaggio,
Quasi difficil canto,
Che il secol poi maturo
Ripeterà con vanto.
Ma, com’uom che si muore
Di freddo a cielo aperto,
Che il desïato albore
Chiarir non vede ancora,
Dice: io morrò, ma certo,
Certo verrà l’aurora;
Tal egli il giovanetto,
Cui sarà fè possente
Il meditato affetto,
Con la morente mano
Additerà presente
Il secolo lontano.
Questi, madre felice,
Benedetti il poeta
Dolori a te predice.
Se al figliuol tuo di grami
Gusti dev’esser lieta
La vita, e d’ozii infami;
Se dell’italo germe
Non può, con degni figli,
Sanar le posse inferme;
Se in altro e’ dee sua gioia
Locar che in bei perigli
E in alti affanni, ah muoia.