Alla Dalmazia - Edizione digitale XMLcompiled byMaria Federica CartenìCarte Tommaseo Online2025
Questa risorsa digitale è accessibile per scopi di ricerca accademica, vietato ogni uso commerciale
Il documento è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - NonCommerciale - NonOpereDerivate 4.0 Internazionale (CC BY-NC-ND 4.0)
Carte d'autore onlinePoesieTommaseo, NiccolòSuccessori Le MonnierFirenze1872Trascrizione e revisione testiMaria Federica CartenìClaudio LupinuMarcatura XML testiMaria Federica CartenìManuela FerraroCodifica XML automatica estratta da WCM-BDGiovanni Salucci - MRX srlCoordinamento scientificoSimone Magherini
Alla Dalmazia
Spregio o pietate alle superbe genti,O poveretta mia, suona il tuo nome.Siccome il braccio che, da corpo vivo,Mezzo reciso, dolorosa noia,Spenzola, in te così la vita altruiScarsa, o Dalmazia, e con dolor s’infondeSerbica e Turca, ed Itala e Francese,Nè ben d’altrui nè tua ben fosti mai:Patria viva non ha chi di te nacque.Ma se non mente al mio doglioso affettoIl ciel sereno, e negli aperti ventiLibero il cedro, e l’odorata neveDe’ mandorli affrettanti primavera;Vedrai, sincera mia, stagion più lieta.Vedrai gl’ignudi poggi rivestirsiD’irrigua selva e di feconde nubi:Selva nuotante i porti; e nube ratta(Respir di barche nella foga ansanti)Nel puro aere gettar nera favilla.Siccome uccel che in lieta ombra di verde,Dopo lungo volar, cala e riposa;Tal, da Borea moventi o dall’Occaso,Volte alla calda luce d’Orïente,Sosta faranno a te navi e pensieri.Ne più tra ’l monte e il mar povero lemboDi terra e poche ignude isole sparte,O patria mia, sarai; ma la rinataSerbia (guerriera mano, e mite spirto),E quanti campi, all’italo sorrisoNati, impaluda l’ottoman letargo,Teco una vita ed un voler faranno,E darann’ entro alle tue vene stancheVigor novello. E tu, porgendo fidaLa destra a Italia, ad Ellade la manca,In sacre le unirai danze ed amplessi.Forse che in te degl’inimici orgogliSvestan la mente e l’Unghero e il Germano,Ed a’ petti ove il sol mesce più caldoSangue ed amor, si sentano fratelli.Chè in te, seconda Italia, Iddio compose,Serbica stirpe, delle umane formeE degli affetti le diverse tempre,E mise in armonia gl’impeti e il senno:Lingua ti diè di giovanili ardiri,Che in quante Europa suoni, orma maggioreTien delle forti età quand’era il mondoBambino al dubbio, e nell’amor gigante.Soffri gli spregi e la miseria, e spera,O poveretta mia. Mal nota sei,Ma la dimessa tua fronte non cingeLadra ricchezza immonda, o gloria infame.Nel volger dell’età sarai più grande,Ma più matura a’ gran dolor’ sarai.