In morte d’un bambino. A suo padre
Se, dopo lungo spasimar, gli stanchi
Occhi chiudesse un poco al tuo bambino
Un sonno pio; di’, non godresti, o padre?
Ma ora ei veglia, a te che sogni e il piangi
Perduto, è sempre innanzi, e pianamente
Dice: son io; non mi ravvisi, o padre?
Se nuda al collo suo sempre una spada,
Se offerti al labbro suo sempre veleni
Vedessi; or di’, ne gioiresti, o padre?
Ma più rei che di ferro e di veleno
Gli apprestava perigli il mondo iniquo;
Più rei. Gioisci nell’angoscia, o padre.
L’Angel dato custode al tuo bambino,
Te custodisce, e l’Angel tuo con esso,
E il tuo bambino. Hai tre custodi, o padre.
Negli splendor’ della suprema stella,
Negli angelici altissimi concenti,
Vive, e al tuo fianco e nel tuo seno, o padre.
Ei possiede l’Immenso; opra sui mondi,
Artefice di merti e di portenti
Infaticato; e a te pur pensa, o padre.
Alle beate melodie de’ mondi
Una nota s’aggiunge, a tutte unita,
E pur distinta. È la sua voce, o padre.