Augurio d’una filguola a sua madre
Donna vid’io ch’avea sui labbri il canto,
Ne’ piè la danza, in sen la primavera:
Ma, com’io la seguivo, ella leggiera
Fuggia, perdendo a brani il ricco manto:
E con bocca atteggiata a stanca noia
Mi disse: io son la Gioia.
Genio vid’io che gli occhi avea di pianto,
E il guardo in alto, e una ferita al petto:
Ogni muovere, un volo, ogni suo detto,
Un fior socchiuso, un varïato canto.
E imbelliva salendo. E in atto pio
Disse: il Dolor son io.
Se destino è ’l dolor; l’alto dolore
Chieggiamo almen, che d’alti affetti è padre.
Pur, s’io potessi a mio bell’agio, o madre,
Sceglier con mano, come fior da fiore,
Dalle gioie i dolor’, queste, direi,
Tue sono; e questi miei.
1854.