S. Michele. IV. Meditazione - Edizione digitale XML compiled by Maria Federica Cartenì Carte Tommaseo Online 2025

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Carte d'autore online Poesie Tommaseo, Niccolò Successori Le Monnier Firenze 1872
Trascrizione e revisione testi Maria Federica Cartenì Claudio Lupinu Marcatura XML testi Maria Federica Cartenì Manuela Ferraro Codifica XML automatica estratta da WCM-BD Giovanni Salucci - MRX srl Coordinamento scientifico Simone Magherini
S. Michele. IV. Meditazione L’aria non veggo che tra’ miei capelli Scherza, e nel petto mi ricrea la vita, Ma ben veggo la stella, il cui sorriso Anzi che giunga nella mia pupilla, La giovanetta è sposa ed orba madre. Lontan da’ vostri giri, Angeli santi, Più che da Sirio è la terrestre arena. Quaggiuso a un tempo e su nel ciel vi miro; Vi sento in me: chè la mia fè v’appressa E il vostro amore: e chi ci unisce, è Dio. Odo un suon di benigne acque correnti Oltre la selva fonda; odo il concento Di gaî volanti tra le fronde ascosi; E mi spirano odor distinti e misti Da rinchiuso giardin rose e vïole. Grazie, pietosa Fede. E chi siam noi, Cui tanta al fianco infermo ala consenti? Che in un suon ci riveli ignoti mondi, E alcun de’ nomi a balbettar c’insegni Che nell’Immenso eterno echeggeranno? Come alla valle il poggio, al poggio il monte, A’ monti l’aria circonfusa, e a quella Gli astri del sol seguaci, e al piccol sole Sovrastano a scaglion’ soli giganti; Tali all’umana angeliche famiglie. L’ una all’altra è ministra e messaggiera; Fitti quasi in battaglia, e pur ciascuno, Per diffuso d’affetti ordine, regna. Vince il numero lor nostro pensiero, E si conoscon pur come gemelli. Tu che vincesti l’infernal battaglia, E la vinci ogni dì, splendi modesto Pur nella terza gerarchia, Michele: Sette almen sovra te storie di mondi Corron segnate di maggior mistero. Tu, dall’alba de’ secoli al tonante Disfavillar della suprema fiamma, Scorgi, Arcangel di Dio, le nostre menti; E radïante anel, per cui la terra Pende dal cielo, è ’l trionfal tuo nome. Non se, scagliati da vapor che scoppi In bollenti rovine issero i mondi; Non se il creato in libera agonia (Quasi anelante a un tratto a morte e a vita) Trambasci, e sè contro se stesso avventi; Nulla potrà lo spirital conflitto Il conflitto agguagliar che tu, minore, Contro il sovran de’ principi durasti: Chè in cielo e in terra alto consiglio elegge Il men forte a calcar serpi e tiranni. Tu ’l mareggiar del primo incendio attuti Coll’alito del labbro e col sorriso; E te tremendo di bellezza umìle Sentì il dragon che colle spire ardenti, Disconfitte dal ciel, svellea le stelle. E fûr divise allor l’acque dall’acque, L’acque che al fiore in grazia il ciel destina, E il fior le rende al ciel prece ed incenso; L’acque mugghianti per tempeste e mostri, Al marinar, che ne perìa, non visti. Nostra virtù, Michel, cresci a’ cimenti, E questi e quella in tue bilance adegua. Magnanima umiltà, franco di spregi Zelo pudico, meditato ardire: E, come in cielo, si combatta in terra. Vento se’ tu, che, vane nebbie, sgombri Le potestà dell’aëre tiranne; Aura soave, che ne’ fior’, ne’ massi, Nell’acque vive, ne’ pensier’ del cuore Brividi e caldo di bellezza ispiri. E te, Michel, diremo ardente muro Tra gli schiavi campati e i lor tiranni; Te, Gabriele, agli esuli compagno; Te, Raffael, velata luce e fida Al pellegrin soletto e al padre cieco. Per l’uom solingo e per le intere genti Voi combattete, o pii, guerra sublime. E qual d’affetti e d’opre belle induce Schiera maggior, di quella gente in nome Quell’Angelo ha vittoria innanzi a Dio. Noi l’accennar del sacro fuoco, e il lento Camminar della nube condottiera Che i suoi conguaglia ai nostri passi stanchi, Spregiammo; e dalle libere pendici Il cattivo pensier torna in Egitto. E te, sceso il destrier d’aura e di fuoco, Poste giù l’armi, scintillar di pace Vide Italia, Michele, in sul Gargàno; Italia schiava, a cui le glorie e l’onte Di Giuda e d’Israel misura Iddio. Angeli santi, a cui la sorte è in cura Delle Chiese di Dio che un dì saranno, E delle antiche, or desolata arena; Il passato noi guidi, or nube, or fiamma, Noi, nube e fiamma, all’avvenir siam guida. Corra il pianeta nostro i suoi sentieri Non di vergogna e non di colpa ingombri: Ve ne preghiam per il comune Iddio. L’uom dei dolor’, che amaste ancor non nato, Del suo sangue irrorò l’ultime stelle.