Alla Vergine - Edizione digitale XML compiled by Maria Federica Cartenì Carte Tommaseo Online 2025

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Carte d'autore online Poesie Tommaseo, Niccolò Successori Le Monnier Firenze 1872
Trascrizione e revisione testi Maria Federica Cartenì Claudio Lupinu Marcatura XML testi Maria Federica Cartenì Manuela Ferraro Codifica XML automatica estratta da WCM-BD Giovanni Salucci - MRX srl Coordinamento scientifico Simone Magherini
Alla Vergine Offrian commossi al tuo Figliuol, Maria, Gl’ignoti vïandanti incenso ed oro: E intanto gli occhi tuoi sommessamente Contemplavan la stella pellegrina Ch’era venuta ad adorar con loro, Che sul presepe povero lucea. Quando, Maria, vedevi il tuo diletto Esercitar nel ruvido lavoro Le benedette mani allato al padre; Entro al pensier ti risonava il canto, Quel dolce canto: «A Dio gloria ne’ cieli; E agli uomini quaggiù pace d’affetto.» Quand’aprivi, Maria, le labbra pure Al comando, e dicevi: «Figliuol mio,» Con gioia riverente il cuor tremava. Gli occhi ora al cielo, or nel beato aspetto Fisi tenevi; e, nell’ orar con lui, S’ispirava di lui la tua preghiera. Queti, in pensoso affaticar, trent’anni Passò, Donna, al tuo fianco: un giorno e’ viene, E, «Madre, dice, la mia ora è giunta.» Egli in digiuno a contemplar sul monte, E tu nel tuo dolor mattina e sera La luce a sospirar degli occhi suoi. Correan le turbe dietro ai gran prodigi, Piene di maraviglia e di speranze; Ma prodigio maggior la sua parola. E tu sentivi quel rumor, soletta Nella povera casa; e, lagrimando, Dicevi in cor: trent’anni Egli fu meco. Ma ti vincea talora, o desolata, Il desiderio dell’amato volto; E confusa col popolo frequente, Come una sconosciuta, l’aspettavi A lungo, un raggio di quel sol chiedendo, Tu, di quel sole benedetta aurora. E ti videro un dì tacita, umìle Di Giuda i poggi vïaggiar con lui; Ma nessuno, o gentil, ti conoscea. Chè, tra la gioia, a te vegliava in cuore Un dolor grande; e sul dolore ardea Fiamma d’inconsumabile speranza. Così tra le piramidi e i palmeti D’Egitto, udivi delle madri il pianto Inconsolate sui fanciulli uccisi: Così nell’agonia del tuo diletto Pensavi Gabriello, e la promessa, «Che del suo regno non sarà mai fine.» Bëata che credesti! E a te non venne Della colomba il volo; e non la voce Gli è ’l Figliuol mio diletto in ch’io mi piacqui: Nè il divo suo trasfigurar sul monte Mirasti in mezzo ai due Veggenti antichi, Sole la faccia, e neve i vestimenti. Nè tra’ suoi cari gli sedevi allato, O Donna, allor ch’alla mirabil cena Prese il calice e disse: è sangue mio. Nè, Lui risorto, nel giardin solingo Sentisti domandar: Donna, che piangi? E pietoso guardarti, e dir: Maria. Più che alla gloria, a’ suoi dolor’, divino Lo conoscesti: e del velato Verbo, Anche lontano, il cuor dentro t’ardea. Qual fior che odora tra le foglie ascoso, T’eran le sue parole, e si godea L’anima a raffrontarle una con una. Tu che scendesti il Golgota con lei Poi che Gesù ti disse: «ecco tua madre,» Narra quel ch’ella di Gesù dicea: E i dolci atti e le lagrime tacenti Dinne, o Giovanni, ed il virgineo viso Trasumanato in profferir quel nome. E tu, felice all’ore sue compagna, Tu ben sai come dolce, o Maddalena, A te mesta veniva il suo sorriso; Ch’ella col puro suo pensier ne’ tuoi Pensieri entrava, quasi raggio in onda, E rispondea col guardo al tuo rossore. Tutti i dolor’ conosce, i falli tutti Vela del mite suo candor Maria. Donna, gli spazii e i secoli lontani Il guardo tuo misura; e tutta abbracci, Come fa madre il suo unico figlio, E benedici la famiglia umana. Ave, Maria. Noi ti preghiam gementi Dell’altrui colpa, e della nostra stanchi. Per gl’infelici a cui la roba manca, Di’, vòlta al tuo Figliuol: «non hanno pane.» Per gl’infelici a cui par poco Iddio, Di’, vòlta al tuo diletto: «amor non hanno. » 1843.