I Santi - Edizione digitale XMLcompiled byMaria Federica CartenìCarte Tommaseo Online2025
Questa risorsa digitale è accessibile per scopi di ricerca accademica, vietato ogni uso commerciale
Il documento è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - NonCommerciale - NonOpereDerivate 4.0 Internazionale (CC BY-NC-ND 4.0)
Carte d'autore onlinePoesieTommaseo, NiccolòSuccessori Le MonnierFirenze1872Trascrizione e revisione testiMaria Federica CartenìClaudio LupinuMarcatura XML testiMaria Federica CartenìManuela FerraroCodifica XML automatica estratta da WCM-BDGiovanni Salucci - MRX srlCoordinamento scientificoSimone Magherini
I Santi
L’inno leviamo a Dio. Di Santo in SantoSalga il pensier, come di cima in cima,Lieto volando, e si riposi in Lui.Qual di mille splendor’ conserta luce,Qual di mille ghirlande aura diffusa,Son le virtù de’ Santi. Or chi m’aiutaNell’ anima raccôr tanta bellezza?Vieni, invocata, e le celesti altezzeRischiari il tuo candor, dolce Maria.Ogni color di bene ha posto IddioNel tuo candor. Le bianche ali e vermiglieMovono in quella luce alme leggiadre.«Salvete, o fior de’ martiri, che, al primoAprir del dì, regale ira disperseCome turbine fa rose nascenti.»Cara la voce di Gesù che disse:«Lasciate i pargoletti a me venire.»E belli i vostri passi e benedetteLe fronti vostre, o Calasanzio, o Neri,E quanta in molte etadi, in molte gentiNell’amor di Gesù prole vi nacque.Sacra cura i fanciulli. E come alloraChe per l’ombre de’ boschi e della notteTrafugavi, Giuseppe, in vêr l’EgittoCon la Vergine cara il Figlio Iddio,Trepidando di tema e di pietateE d’umil gioia e di speranza mesta,E pregavi il Signor che te facesseDegno custode al venerato pegno;Così siam noi, Giuseppe: e in ogni voceDi bambinello udiam Gesù, che chiedeE promette pietà. Con noi pregate,Donne che foste madri, e sante or siete,Che sui figliuoli, o periglianti o mortiO ingrati a Dio, spargeste e preci e pianto:Pe’ nostri figli orate. Italia al vostro,O pie, materno amor si raccomanda.In mezzo a noi scendete, e a’ cari nostriIstillate nel cor sante parole;E il ciel sia con la terra una famiglia.O tempi primi! Oh gioventù del mondo,Quando fra terra e ciel venìa più lieve,Più rilucente un velo, e le foresteVergini ancor nell’alito di Dio;Piena d’arcane visïon la notte,Piene di sacri mormorii le fonti,E il dolor di fatidiche speranze.È sublime il dolor nella speranza.Come il Battista della madre in seno,Tale esultava a’ Patriarchi in cuoreLa viva fè de’ secoli venturi.Forti gioie, Signor, gioie pensoseSpira ne’ figli tuoi. Risplenda in altoL’esempio vostro a noi, Vergini Sante,Che di sangue e d’amor deste martiro.Nè ferro o fiamma che divelse ed arseGli occhi possenti e il dolce viso e il seno,Nè di calunnia attossicati dardi,Nè di lusinga insidie allettatriciSciolser l’affetto che a Gesù v’unìa;E, amate membra del suo corpo divo,A lui tornaste. Il freddo mondo ingrato,Che macchiate e dimentiche v’avrìa,V’adora il mondo, e v’erge altari e templi,E a città molte e a genti è il nome vostroFesta e tutela. E mentre a voi ripensaDell’artigian la poveretta moglieE prega a’ vostri altar’, più bei sembiantiE più puri vestì la pargolettaCh’or le fiorisce il talamo pudico.Ma non tutte, o Signor (consiglio arcano),Fûr l’elette del cielo abitatriciInesperte di colpa. E come in altoNuvola ascende e dall’opaco gremboAcque distilla che dan vita ai fiori;Così da’ falli e dal pentir de’ SantiAlle languenti usciva anime umaneRefrigerio e conforto. A voi che il mondoPunì di gioie amare e ambiti affanni;E combatteste, e non servil pauraMa vergogna gentil vi volse a Dio;E pregando vinceste; alme felici,Pietà di noi: che confessiamo a Dio,Alla Vergine madre, agli ascendentiAngelici candori, e, Santi, a voiGrande la colpa nostra. E tu che tantoDi concetti, Agostino, e di desiiCammin coll’infiammata alma corresti,Prega dal ciel con noi. Quanti il costumeDi studi ornaste, onde la fè splendeaCome profondo ciel fitto di stelle;Pregate: e a quanti la parola amanteNè di lusinga insidie allettatriciSciolser l’affetto che a Gesù v’unìa;E, amate membra del suo corpo divo,A lui tornaste. Il freddo mondo ingrato,Che macchiate e dimentiche v’avrìa,V’adora il mondo, e v’erge altari e templi,E a città molte e a genti è il nome vostroFesta e tutela. E mentre a voi ripensaDell’artigian la poveretta moglieE prega a’ vostri altar’, più bei sembiantiE più puri vestì la pargolettaCh’or le fiorisce il talamo pudico.Ma non tutte, o Signor (consiglio arcano),Fûr l’elette del cielo abitatriciInesperte di colpa. E come in altoNuvola ascende e dall’opaco gremboAcque distilla che dan vita ai fiori;Così da’ falli e dal pentir de’ SantiAlle languenti usciva anime umaneRefrigerio e conforto. A voi che il mondoPunì di gioie amare e ambiti affanni;E combatteste, e non servil pauraMa vergogna gentil vi volse a Dio;E pregando vinceste; alme felici,Pietà di noi: che confessiamo a Dio,Alla Vergine madre, agli ascendentiAngelici candori, e, Santi, a voiGrande la colpa nostra. E tu che tantoDi concetti, Agostino, e di desiiCammin coll’infiammata alma corresti,Prega dal ciel con noi. Quanti il costumeDi studi ornaste, onde la fè splendeaCome profondo ciel fitto di stelle;Pregate: e a quanti la parola amanteCol testimonio della morte sacra,Martiri, orate. Ascenderanno in gloria,E salirem con essi; e lì men grandeIl re sarà del servo: e ad uno ad unoConoscerem que’ forti a cui fu belloDonar senz’ira per la patria il sangue,Puri d’orgoglio il cuor. Crescon feraciIn ogni terra del martir le palme,E in ogni età. Nepomucèno, il sai,Che all’importuno re sdegnasti i sacriTradir segreti del femmineo petto:Ambrogio il sa, che l’omicida AugustoDiscacciò dalla Chiesa, e qui, dicea,Mare, l’insano fiotto infrangerai.Quante, o Signor, dolcezze a’ tuoi dilettiVennero, e quanti, dacché ’l mondo nacque,Sorser da cuore umano atti d’amore,Sapremo in te. Di ciascun fiore ogni aura,E di ciascun ruscel godremo ogni onda,I rai distinti di ciascuna stella.Credo al consorzio de’ tuoi Santi, o Dio;Sento lo spirto lor correrci intornoCom’aria viva, e palpitarci in cuore:Chè ne’ fior’ nostri è il sangue loro e il pianto.Ma voi pur, che ne’ secoli venturiCon amor lungo educherete, o Giusti,L’arbore sacra de’ gentili affetti,Ringrazio e invoco. L’avvenir ci giovi:E alcuna a noi ne venga aura, siccomeA’ naviganti vien, di terre ignoteNunzio, uccel pellegrino o fior nuotante.Il prego udite, al senso nostro ignotiAngeli santi, Potestà sovrane,Vite d’amor, che l’universo empiete,Come la luce il cielo. Al vostro echeggiL’inno terreno; e a questo umìl pianetaGuardate pii; chè in questo umìl pianetaDiscese Gabriel, pianse Maria.1843.