Il mattino - Edizione digitale XML compiled by Maria Federica Cartenì Carte Tommaseo Online 2025

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Carte d'autore online Poesie Tommaseo, Niccolò Successori Le Monnier Firenze 1872
Trascrizione e revisione testi Maria Federica Cartenì Claudio Lupinu Marcatura XML testi Maria Federica Cartenì Manuela Ferraro Codifica XML automatica estratta da WCM-BD Giovanni Salucci - MRX srl Coordinamento scientifico Simone Magherini
Il mattino Benedite al Signor, dal sol novello Illuminate nuvolette erranti, Antiche rupi, e tenerelle foglie; E, specchio del pensiero, umana fronte. Benedici, occhio mio, che in piccol giro, Siccome in germe, l’universo immenso Fido raccogli, e all’anima ne mandi Vive parole che son luce e fiamma. Con pieno fiume di colori inonda Le tue convalli, o terra, un leggier tuo Amoroso piegar verso la faccia Del gran pianeta, che tu fuggi, e ond’ardi. Ad ogni istante nasci, ad ogni istante Tu muori in qualche regïon di questa Piccola sfera, o sole: e appaion mille, Celansi mille, opre di corpi Dio con teco. Ogni novello dì rinnova il mondo, Le forme avviva e le virtù degli enti E del pensier, che più de’ rai del sole Va veloce, e rimbalza, e in alto ascende. Ascendi, o mio pensier. Mira l’immenso Tutto pien d’invisibili correnti D’aure, d’effluvii, di calor, di lampi, Che attrae, respinge, e rïaccoppia Amore. Quante hai faville, o Sol, tante Natura A te manda armonie; stormir di fronde, D’onde e di flutti suon, canto d’uccelli; Manda voci e sospir’ l’umano affetto. Canti e sospiri il nuovo sol ridesta, Che splende al par sui mesti e sui felici; E sui neri capei di giovanetta Innamorata, e sulle aperte tombe; Sul gel dell’Ande, e di Guinea sull’acque In fin da mane ardenti, e sulle schiume Ampie di legno da vapor sospinto, E sulle strisce di versato sangue. Quanto son lunghi i giorni a chi desia! Come lunghi a chi pena! Oh cuore umano, Di te stesso ti vuota, e pio raccogli Il tesor santo degli altrui martìri. Pensa la donna che l’altrui peccato Porta, fedele, in sen, si pente ed ama; Un genitor che sulla paglia infermo Guarda i pallidi figli, e non ha pane; Un di Siberia alle percosse e ai geli Dannato; un re che minacciando trema; Un peccator che all’innocenti antiche Gioie si volge, ai torbi anni venturi; E la memoria fa sentir più duri I desii disperati e gli spaventi; Siccome lupi che per selva cupa Corrono al lume della luna urlando. Infinita al dolor l’ora notturna! E quando il Giusto con sudor di sangue Gli occhi dal fiero calice volgea, Forse maggior di morte era il tormento. Sempre riman, Signor, sempre rinasce La luce tua sul mondo: e in terra scende, Queta rugiada, sempre il sangue sacro; Sempre i pensier di chi lo invochi irrora. Tutta la terra è tempio. Ogni colore È d’un Angel le piume al sol cangianti: Ogni alito, Signor, d’aura odorata È il respiro d’un Angelo che sale. Ogni respiro di crëata vita, Ogni aura lieve, ogni color, si spande, Come in gran cerchi fa l’onda commossa, Fino all’ultime vie dell’universo. Nell’ampio moto ogni cader si libra, Temprasi ogni urto: ogni tempesta, o Dio, De’ rapaci elementi è, a te sommessa, D’atomi innamorati un’armonia. Queste, che l’occhio umano ascende appena, Montagne ardite, a chi dall’alto miri Con l’ima valle unite appaion, come Di giovin donna delicata fronte. Oh! chi mi dà salire, e in un prospetto Gli spazii immensi e le minute forme Scerner distinte; e come cosa in cosa Preme e nuota, e rinfonde e trae la vita; Veder dell’acque, e de’ guizzanti in elle, E delle fiamme i sotterranei moti; Come una stilla di liquor diventi Aria, rugiada, fior, lagrima umana; E veder per che fremiti latenti In uom si formi (maraviglia!) il germe, La ghianda in quercie, in isola il corallo, Le nebulose in nodo di pianeti? Te, che sai quante ha goccie il mare, e quante Vite ogni goccia, e quanti soli il cielo; Te, che dall’alta eternità vedrai Venir com’onda e sparir soli a mille; Te con lieto dell’anima spavento, O Dio nostro, adoriam. Sia benedetto Ognun che t’ama: e, come sol che nasce, Sull’Oceàn de’ secoli risplenda. 1853.