Luigi Filippo - Edizione digitale XMLcompiled byMaria Federica CartenìCarte Tommaseo Online2025
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Carte d'autore onlinePoesieTommaseo, NiccolòSuccessori Le MonnierFirenze1872Trascrizione e revisione testiMaria Federica CartenìClaudio LupinuMarcatura XML testiMaria Federica CartenìManuela FerraroCodifica XML automatica estratta da WCM-BDGiovanni Salucci - MRX srlCoordinamento scientificoSimone Magherini
Luigi Filippo
Nol sapea l’infelice? Il trono anch’essoHa suoi contagi: e mal torre s’innalzaSulle macerie della torre antica.All’altrui fronte la regal coronaSvêrre sperava, e non ne aver l’ebrezzaChe sul capo dei re permette Iddio.Te, conte di Parigi in sull’aurora,A mezzogiorno re, bandito a sera,Te la madre anelante e tremebondaIn notte inospital per le campagne,Molle d’acqua i capelli, i piè nel fango,Come la prole d’un ladron, traea.Misera donna, che del regio lettoNel casto capo e nel giovane fiancoTutte sentì le spine: e la speranzaLo spumante bicchier le porse ai labbriLieve arridenti, e lo ritolse e ruppe.Altri, o fanciullo, troverai per viaReali in fuga; e invidierai la fameDell’orfanel che, per amor di Dio,Alle capanne accatta il pane, e canta.Perfido mare insazïato, il regno!Naufraghe teste nereggiar sul fiottoSpumoso, e a sangue mista onda stillantiVeggo i Stuardi, e le nudate membraIn sull’arena riposar di Francia.Poi, come al rifluir della marea,Inghilterra, alle tue candide rupi,Veggo gettato il nuotator giganteChe osò cingere assedio all’Oceàno.Ma non te, come lui, di sue paureAnglia gelosa onorerà, Filippo:Starai vascello dalle bombe illeso,Marcio dall’onde, nel cantier britanno.Nè te dell’ire sue degnò Parigi:Come a cadaver sacro, a’ passi infermiLasciò sentier tra le frementi vieE tra i cocchi riversi, e il pavimentoChe popolar tremuoto erge in battaglia.E nell’esiglio penserai le blandeDate promesse, e l’attenere avaro,E i rimpianti dell’anime, e i disdegniBarattati per nastri e per argento:Rammenterai la torre ove sponesti,Di vergogna spettacolo, coleiChe la santa tua moglie avea nepote,Fragil virago, e vedova feconda:Rammenterai la torre ove tu lasci,Rotta tua fè, quell’Arabo pugnaceChe pe’ riti degli avi e per le biancheTende spiegate nel deserto a’ venti(Patria vagante, altar sempre compagno),E per la donna infra le molte amata,Contemplando e fuggendo, combattea.Tenda il tuo regno, che si spiega a sera,E si ripiega il dì. Come di carroStrepito breve e polverìo, passasti.Passò la gloria tua, come l’odoreDe’ tuoi banchetti, e delle danze il giro:Ed or che la perdesti, il peso or sentiDella corona. Oh misero briacoPer diciott’anni, e di te stesso in bando,Al senno alfin ritorni. In Dio t’affisa.Il tuo prigion tel dice: è grande Iddio.In carcere, 15 marzo 1848.