Alle madri italiane - Edizione digitale XML compiled by Maria Federica Cartenì Carte Tommaseo Online 2025

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Carte d'autore online Poesie Tommaseo, Niccolò Successori Le Monnier Firenze 1872
Trascrizione e revisione testi Maria Federica Cartenì Claudio Lupinu Marcatura XML testi Maria Federica Cartenì Manuela Ferraro Codifica XML automatica estratta da WCM-BD Giovanni Salucci - MRX srl Coordinamento scientifico Simone Magherini
Alle madri italiane Se, per vedere al suo figliuol rifatte Le forze inferme, il manda alla campagna, Tenera madre col suo cuor combatte, Trema e si lagna. Corrono (e voi gliel consentite) a morte I figli, o madri, i vostri figli. Or come Subitamente vi suonò sì forte D’Italia il nome? L’Angel d’Italia alla sacrata e cara Libertà scorge noi per via tremenda. Grazie, o Dio! di Custoza e di Novara Avremo ammenda. Nella notturna cameretta sole, Quando più fervon le memorie, quando Non vi sentìa la piccoletta prole, Veglianti orando, Qual chi da morte ad involarsi affretta, Varcati i monti, vedevate il figlio Esultando arrivar dove l’aspetta Nobil periglio; E i soldateschi imperii ed il fetore Patir di sozzi alberghi, e le leggiadre Molli usanze oblïar, tenendo in cuore Sola la madre; E alle corse affannose venir manco, E riaversi ove l’odor li appelli Della battaglia; e nella polve il bianco Collo, e i capelli, Cui componeva il carezzar pudico Della sorella; e sulla testa amata Insister l’ugna del caval nemico Insanguinata. Ma più che ostil conica palla o brando, L’acre velen della bestemmia, o pia, Per lui temevi. — «A voi lo raccomando, Dolce María. L’Angel Custode suo gli abbia fraterna Cura, col mio: nell’anima segreta Sempre gli stia l’immagine materna, Tra mesta e lieta. Se in nemico spedal, pien di ferite, Cadrà, pietoso alcun deh gli si mostri. Sentan pietà delle avversarie vite I figli nostri. Se una medesma fossa e lui rinserra E chi me lo ferìa.... Che penso io mai?» Fiero tributo, o donna, a questa terra Di sangue assai Recâr l’estere torme insultatrici, Delle dure ossa lor pingue la fèro; E il giardin delle genti a’ suoi nemici Fu cimitero. Ma i suoi nati in lei furo e lupi e serpi; Nè guerreggian tra sè le serpi o i lupi. Gemon sangue fraterno i fior’, gli sterpi, Gli atrii, le rupi. Or dal sangue di vinti e vincitori, Misto, a disperder la tempesta nera Dell’odio atroce ch’avventò dolori, S’alzi preghiera. Nuovo a se stesso, un popolo gentile, Dal forte amplesso delle madri sante Veggo un’Italia uscir, severa e umìle, Armata e amante. Veggo (siccome nebulosa e lieve Spande l’arbitrio de’ fiammanti vanni Stella recente, e, ad educarla, è breve Secol mill’anni), Veggo che lenta lenta si matura Nella fervenza del divino aspetto Un’altra Italia, più gentil natura, Maggior concetto. Quel che libero par, parrà tiranno E servo allora; e le città regine Di lingue molte, in quella età saranno Borghi e rovine. Di madre allora il nome, ancor più santo; Chiesa e famiglia e patria, un solo amore; E questa terra, la vallea del pianto, Del cielo un fiore. 1866.