A mio padre - Edizione digitale XML compiled by Maria Federica Cartenì Carte Tommaseo Online 2025

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Carte d'autore online Poesie Tommaseo, Niccolò Successori Le Monnier Firenze 1872
Trascrizione e revisione testi Maria Federica Cartenì Claudio Lupinu Marcatura XML testi Maria Federica Cartenì Manuela Ferraro Codifica XML automatica estratta da WCM-BD Giovanni Salucci - MRX srl Coordinamento scientifico Simone Magherini
A mio padre Come del primo affetto Alla tacente giovanetta in cuore Ferve la gioia irrequïeta e mesta; Ferve così, tra timida e sicura, Della letizia agli estri e del dolore L’anima abbandonata alla natura: Ed ha facili i voli; e non arresta Il libero concetto Della parola, ognor tarda seguace L’anelo passo, nè dell’arte il freno: Ma per l’aere invisibile sereno, Come in estivo ciel notturna face, Com’alito di fior, lieve si spande. Il ciel, quant’egli è grande, All’umile si schiude; e per quel vano Immenso ammira cose D’ogni sapere umano Al bieco sguardo scrutator nascose. E ne’ silenzii della fida mente Il non creato Spiro Or in nota di bacio or di sospiro Sonar l’innamorata anima sente. De’ volator’ canori La schietta voce e l’eleganti piume In dorato recinto Iddio non chiuse; Ma gentile un desio di libertate, De’ fior’, dell’aure, dell’etereo lume, Delle cime di verde incoronate, De’ lieti error’, ne’ tenui petti infuse. Oh per che lieti errori Sale e s’innova l’alta fantasia Ch’ha l’ali dalla tetra arte non dome! Un pio silenzio, un volger d’occhi, un nome, Una fronda, una piuma, è poësia. Qual da percosso acciar forti scintille, Balzan volando a mille Da un’immagine sola i caldi affetti: E a ognun di lor, com’onde In cui pietra si getti, Il dilatato tremito risponde Degli arcani pensier’: finchè sopita Cade la mente stanca. Indi risorge all’opre, e si rinfranca Nelle battaglie dell’esterna vita. Ma fior che smorto al suolo Pieghi le foglie, e lungo estivo foco E turbinosa pioggia indi l’aggrave; È l’alma a cui fu mèta unica e vanto, E sudor freddo ed affannoso gioco La mera voce modulata in canto. Pallide, tronche, disgregate e schiave Vedi con fiacco volo Le immagini tremar nel dubbio ingegno; E la parola languida in quel vano Morir, com’eco di rumor lontano; Or a tropp’alto, or a tropp’umil segno Mirar l’egro pensiero; e degli scarsi Suoi moti il cuor sdegnarsi, E palpitar di mendicato affetto: Vecchie imbelli querele, Vecchio imbelle dispetto Far sua delizia; Iddio chiamar crudele, Natura maledir stolta e tiranna; Esquisito tormento Trar dagli acri piaceri; ad ogni vento Mormorando piegar, debole canna. Se degli amari studi E del profondo delle altezze umane Ignara teco mi correa la vita, O padre, e sol d’amor dotta e di Dio; Meglio d’un pio soffrir le gioie arcane, E gl’inni della speme e del desio, E l’armonia del mondo avrei sentita. Nè, quasi spettri ignudi Di cadenti ghirlande incoronati, E di sorriso poveri e di pianto, Muti con lasso piè passarmi accanto I be’ sogni vedrei degli anni andati: Nè l’ingegno, crudel dominatore, Mi premerìa sul cuore. La mensa umìl, le cerimonie pie Del domestico rito, Del tempio le armonie, Le lagrime di padre e di marito, E le cure d’amore ispiratrici, E i queti dì, sereni D’uniforme fatica, avrian ripieni Di miglior poesia gli anni felici. Pur questa incerta e stanca, E di tedii e d’errori e di rimorso E d’altero patir contesta, vita, Ha le sue gioie, ed è poeta anch’ella. Sollievo il pianto, ed è riposo il corso; E questa interminabile salita Di vero in ver, di prego in prego, è bella. E la parola franca Che dal trafitto cor consolatrice Sgorga inesausta ai miseri fratelli, Quasi schietta rugiada in bianchi velli, Sui pensier’ miei riscende irrigatrice. Memoria, fantasia, tutto è nel cuore: L’anima tutta è amore. Dovunque è un uom che spera e che desia, Ivi è la mia famiglia: La fede è patria mia, E l’Italia m’è donna e madre e figlia. Deh! nell’alto voler forze riprenda Lo spirito che geme, E pazïenza dalla certa speme Ed umiltà dal suo dolore apprenda. Parigi, 1834.