All’oriuolo della mia stanza
Misura e testimon de’ miei pensieri,
De’ preghi umili e de’ lamenti alteri,
Che pochi al giorno mio momenti gai
Segni, e son pure assai;
Non t’arrestar. Su te corrente, posa
L’occhio mio, come suol donna amorosa
Guardar, temendo, ad una cara vita,
Che non le sia rapita.
Segui, o angel dell’ore, in tuo vïaggio
L’egro mio frale e ’l mio stanco coraggio.
Ha bisogno, o fedel, l’anima mia
Della tua compagnia;
Di chi per man la guidi, e con amore
Severo, come pan, mi parta l’ore.
Ne’ tuoi giri contempla il pensier mio,
Come nel sole, Iddio.
Tu mi di’ come gli atomi e i pianeti
Per l’infinito veleggino lieti;
Come l’arcana mia vita cammine
Verso un arcano fine.
Oh tempo, oh steso fra la terra e il cielo
Di pensiero e d’amor gracile velo;
Che in te segnato il nulla e il viver porte,
E l’Eterno e la Morte;
Tu dello spazio negli immensi campi
Immenso ondeggi, oscuro e pien di lampi;
E padre ad ambi e figlio, è vosco il moto,
Trino mistero ignoto.
Noi sul mar delle cose alziam le vele,
Náutili erranti per l’onda fedele;
E va la viva navicella in pace
Per infin che a Dio piace.
Incerta molto e fragile, la mia
Sciolse dal porto, e si rifece in via;
Molte evitò bramate isole belle,
Molte affrontò procelle.
E vidi nereggiar sulle funeste
Acque i peccati, quai naufraghe teste;
E dall’aperto ciel con santo affetto
Qualche capo diletto
Raggiar suo riso, come fa l’aurora
Quando le ancor mugghianti onde colora;
E varie voci dall’opposte rive,
Or triste ed or giulive,
Giungon tra il fiotto e il vento; e amici aspetti
Trasfigurati da’ primi concetti,
Che la distanza par li rinnovelli,
E il pensier li rabbelli.
Deh possa, innanzi che le amare spume
M’inghiottano, poss’io di qualche fiume
Presso l’ombrosa solitaria foce
Piantare un’umil croce
Del nome mio segnata; e il navigante,
Sul conteso terren l’umide piante
Posando, mi rammenti, e in atto pio
Sospiri, e pensi a Dio.