Libertà. A un fuoruscito, infermo a morte
Vivi, infelice, vivi. Ancor non hai
Nè conosciuto nè sofferto assai.
Tal si rimane augel cui straziate abbia
Piombo crudel le giovanette piume.
Di rei felloni la codarda rabbia
Del natìo ciel t’invidia il dolce lume:
Fra’ cuori ignoti e fra straniere brume
Senza requie nè mèta errando vai.
Tutti del pigro inglorioso esiglio
Ricever dêi nel cor gli ottusi strali.
I compagni vedrai col tuo periglio
Alleviar, potendo, i proprii mali:
Lo spregio e la calunnia batter l’ali
Infaticate sul tuo capo udrai.
Ti sonerà di libertade il grido
Urlo feral, non amoroso canto.
Quasi braccio che tremulo e malfido
Non obbedisce all’alma, e cade affranto,
Cader fiaccate le minaccie e il vanto
Degl’invocati salvator’ vedrai.
Ti chiamerà malvagio o stolto o vile
La prepotente giovanil baldanza:
Il compro senno ed il languor senile
Grideran folle o rea la tua fidanza.
Il bel fior della vergine speranza
Senz’alcun frutto morir piangerai.
E quando incerto, umilïato e solo
Ti troverai rimpetto al tuo desìo,
Al novo amor le vecchie cose il duolo
Rivelerà. Vedrai la plebe e Dio.
Dalle arene del dubbio un fresco rio
Sgorgar di fe’ profonda ammirerai.
Non è scintilla di percossa pietra
Libertà, ma splendor che vien dal cielo.
Non soffio umano, aria se’ tu, che l’ètra
Empie e alla terra è spiro e tetto e velo;
Spande i germi di vita, e ’l caldo al gelo
E l’atre notti alterna ai giorni gai;
E le tempeste lo rifan più puro.
Noi del tuo spiro, o santa, ancor non degni,
Per lubrico sentier fangoso e scuro
Bruttiam gli affetti e strasciniam gl’ingegni.
D’ire tiranne e di servo odio pregni,
Son le ignoranze nostre, i nostri guai.
Ma nostra mente, a ciascun dì che cade,
È d’un peso d’errore alleggerita.
Più invecchia e più l’oppressa umanitade
Si sente nel dolore ingiovanita.
Noi cadrem, secche foglie; e maggior vita
N’avrà la pianta che del sole a’ rai
Eterni eterna sorge; e i nostri affanni
Assenneranno la ventura gente.
Come sordo fanciul dopo molti anni
Parla le voci che, guarito, ei sente,
Tale, o Signor, fia d’essi, e insiememente
A parlare e a sentir li ispirerai.
Vivi, infelice, vivi. Ancor non hai
Nè disperato nè creduto assai.
Piazza della Bastiglia, 1835.