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Carte d'autore onlinePoesieTommaseo, NiccolòSuccessori Le MonnierFirenze1872Trascrizione e revisione testiMaria Federica CartenìClaudio LupinuMarcatura XML testiMaria Federica CartenìManuela FerraroCodifica XML automatica estratta da WCM-BDGiovanni Salucci - MRX srlCoordinamento scientificoSimone Magherini
Memorie sparse
Dammi l’anima tua. Queste beateSplendide forme che gentil passaggioFan d’una in altra, come all’aura estivaBiancheggiando ricresce onda sovr’onda,Sono intoppo a’ miei sguardi. E non la forteVoluttà che, com’angue in mezzo al verde,D’ogni parte di te guizza e si snoda,Nè ’l crin, largo sugli omeri scorrente,Nè ’l fremer della vita che s’affrettaPer vanire in un bacio e in un amplesso,Cerco, misera, in te. Come fanciulloChe il vago arnese, onde gli vien diletto,Spiar desìa negli spezzati ordigni;Così l’intima mente e la bellezzaDel giovanetto tuo spirito arcana,E le piaghe celate, e quante maiFûr vite in te morte, rinate, o miste,Tutto saper chiegg’io. Candida un giornoEri così ’l pensier come la fronte;E queste chiome che dell’arte fuggono,Lussuriando, i nodi, erano alloraDi non tocca ghirlanda incoronate.L’ore correvanoIn varïata danzaAlla tua gioia ancelle.Teco sedevano,Di vergine speranzaLiete, le tue sorelle.D’amor non ancoPremean le punte assidueNel cor di già piagato,Come nel fiancoD’egro destriero il pungoloDi cavaliero armato.E ancor sei bella. Ancor nel tuo segretoSiede il dolor ch’è di virtù consorte:E d’altre gioie i memori desiri,E l’angel del rimorso e dell’amoreParlan là entro. Oh! le presenti noieDimmi, e i deliri andati: ad uno ad unoContami i passi della lunga via,Lunga sì che Dio solo è che l’abbracciIn un concetto. Più che l’ultim’astro,Che l’alte solitudini consola,Corre lontan dalla terrena valle,Lontano il tuo pensiero è da se stesso.Pur dinne alcuna parte. Il cuore arcanoAprimi, e al tocco della man pietosaRisponderan le viscere profondeD’amarissima colpa inebriate.Povero fior, quant’impetoDi pioggia e di tempesta,Sulla tua china testaQuanto dolor passò!Lassa, d’amar, di piangere,La forza, il so, ti manca:Del vivere sei stancaE del gioir, lo so.Vieni: e il languido tuo capo riposaSulle ginocchia mie. Molti soffersiCelati affanni; e i non sofferti ancoraDi comprender m’è dato, e i tuoi comprendo.Come a me, lassa, i tuoi, così parlaroA te gli sguardi miei. Forse che IddioVorrà, pietoso della mia pietade,Camparti alla rovina delle afflitteChe vanno del piacer sulla muggenteOnda languidamente abbandonate.Poichè sì fraleVolle il candoreDi tua beltà,Spero, immortaleIl tuo doloreDio non vorrà.In questo esilioForse non maiPiu ti vedrò:Ma nella patriaM’incontrerai,Teco vivrò.Quivi ci aspettaSchiera infinita,Cui la bellezzaFu lungo error.O giovanetta!Ivi è la vita,Ivi l’ebbrezzaVera d’amor.Deh, chi mi dà raccorre in questo brevePetto la piena degli altrui dolori,E di prece lenirli e di possentiLacrimate parole? Ahi troppo avaraÈ l’umana pietate ai muti affanniDelle figlie d’Adamo! Ahi quante fiammeSpente nel dubbio amaro, e nell’insanoDesìo di gioie che non dà la terra,Ch’agili e schive nel pensiero immensoVolano, annunzio di ben’altra vita!Molte vid’io novelle pellegrine,Cui l’ali verginette venner meno,Cader dall’alto nel cedevol fango,E affondar disperate. E molte a cuiPiù gran tratto di ciel s’aprìa nel volo,Nelle terrene immagini cercandoIr l’eterea bellezza, e veder quelleLieve lieve appressarsi e poi fuggire,E piangerne la fuga, e col pensieroRitentarle, e morir nei vani amplessi,Di lunghissimo amore estenuate.Del primo amoreDall’ardue cimeDiscendi, o misera:Ti sia terroreLa tua sublimeCredulità.Vivrai felicePiù che non speriSe la fantasimaPosseditriceDe’ tuoi pensieriCon false immaginiI piacer’ veriNon turberà.Ma chi ne’ tuoi dolor’ s’attrista e pensa,O donna, i cui dolor’ solo compreseChi gli umani dolor’ tutti sentio?Chi l’adultera piange? In ira o a schernoL’ha il mondo: e pur Colui che dritto estimaGli umani error’, la difendea da’ vili,E salva la mandava, e ricreataDi benigne parole. Oh non assaiPena alle afflitte è soffogar la gioia,Premer l’ambascia, vergognar d’un guardoE d’un silenzio, e dell’amor de’ suoi,E di se stesse; e trepidar per due,E dubitar di tutti; e morte e oblioChieder sempre, e temer non Dio le ascolti,E a sogno atroce aver simili i giorni,E d’inferno le notti; e rimembrandoRabbrividir d’amore, e riversarsiSovra il memore letto, inconsolate?Ma di troppi dolor’, buon Dio, contritaHai la deserta che le mie sventureE i miei delirii in sul suo capo accolse.Oh sconosciuta al mondo, a che la fronteChini al suol, conturbata? In Dio rimira,E in lui di me, lontano, avviseraiIl mesto aspetto. In lui fa’ ch’i’ ti vegga,Non di crude memorie sanguinante,Ma, quasi pianta che la queta stillaDel ciel riceve nelle chine fronde,Mite di lunga speme, e le pupilleDi quïeto dolore irradïate.Tu piaga immedicabileGemi ne’ miei pensieri:Tu le mie doglie temperi,E attoschi i miei piaceri.Piene di te le tenebre,Pieno il pregar di te.Or mesta luna e pallida,Or importuno sole,Dentro mi splendi; e pensanoIn me le tue parole.Ahi tu se’ morta, o misera,E la tua vita è in me.1834.