Gl’italiani morti in Spagna
Veggo spade al sol lucenti,
Sento il suon de’ combattenti,
Sento l’urlo de’ morenti.
Voi, che in piume delicate
Vostri vizii addormentate,
Ricchi e grandi, m’ascoltate.
Stuol d’italici guerrieri
Cospargea di sangue ieri
L’infiammato suol d’Algeri:
Oggi Francia, che guadagna
Se dà sangue ed or sparagna,
Li commette in dono a Spagna.
Le superbie degli amici,
L’empia rabbia de’ nemici
Spermentâr’ quegl’infelici.
Nudi il piede, il ventre vuoti,
A morir certo devoti,
Valicâr’ torrenti ignoti.
Di lor giovane beltate
Sole in cor sentian pietate
Le fanciulle innamorate.
Al digiun che avean patito
Tenea dietro l’imbandito
Dalla morte empio convito.
Chi squarciato il capo e il seno,
Altri un piede o un braccio meno,
Chi freddato in sul terreno.
Cento morti, e cento ancora,
E poi cento; e tutti or ora
Strania terra li divora.
Ricchi, a voi che dice il cuore
Della fame e dell’orrore
Di chi langue e di chi muore?
Ahi dolor! D’Italia i figli
Son divisi nei consigli,
Nella speme e nei perigli.
Contro Spagna in suolo ispano
Ha versato ispana mano
Il tuo sangue, Italia, invano.
Ma non fûr’ per te versate
(Nume ignoto), Libertate,
Quelle gocciole sacrate.
Ahi, dovrà di gloria casso
Nostro nome, come sasso,
Rotolar cacciato al basso?
Or chi sa se il guardo pio
Con dolore e con desio
Innalzâr’ gli afflitti a Dio?
Le lanciate in sul morire
Lor bestemmie non udire,
O Dator del buon pentire.
Nuove strade a noi disserra;
Vieni, e porta in sulla terra
Miglior pace, o miglior guerra.
Combattendo amar c’insegna:
Vieni e inalbera un’insegna,
Pura, o Cristo, e di te degna.
Al tuo popolo, Signore,
Dona un duce ed un pastore,
Un linguaggio, un braccio, un cuore.
Se moriam, pianti morremo,
E temuti. — O Re supremo,
Il tuo giorno attenderemo.
1837.