Il dolore che libera Santa Caterina de’ Ricci
Tu che d’ignoto malfattor la pena
Nelle vergini tue membra togliesti,
E della Grazia, ch’era in te, la piena
Su quell’arido cor lieta spandesti;
Negli agi afflitta, ne’ dolor serena,
Esperta a compatir gli erranti e i mesti;
Con un raggio dell’alba a noi discendi,
O Caterina, e a bene amar ne accendi.
Sia gentile anco a noi gloria e diletto
Patir, perch’altri creda e speri ed ami;
Povera mensa aver, povero tetto,
Perchè ’l fratello si ricovri e sfami.
Tutti una stirpe siam, del benedetto
Alber cresciuta sotto gli alti rami,
Da cui pende assetato e sanguinante,
Vergine austera, il tuo sublime Amante.
Pende assetato, ed alle afflitte genti
Del pazïente amor le braccia stende,
E il pensier de’ passati e de’ viventi
E de’ venturi in un pensier comprende.
Fossimo tutti, o dolce donna, ardenti
Della beata fiamma che lo accende!
Valente a sciorre il debito degli avi,
Scior le catene de’ fratelli schiavi,
Fosse la nostra vita! È l’universo
D’avvicendati merti un’armonia.
Dell’aria il fiume, in ch’io respiro immerso,
Chi sa da quali altezze a me venia?
Brilla l’ùmile fior di stille asperso
Che d’ignoti vapor’ l’alba gl’invia;
E son dinanzi a Dio tremule frondi
I cieli immensi, e breve fiore i mondi.