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Materiali d'archivio
Fondo Tommaseo della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
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Niccolò Tommaseo et Nantes: mostra allestita in occasione del convegno internazionale di studi Tommaseo europeo per il 150° anniversario della morte di Niccolò Tommaseo(1802-1874)
A Stefano Conti d’Ajaccio
Cantami, o buon poeta, inno più lieto.Italia mia vedrò, l’amata e piantaDel pensier mio sorella: i templi antichiVedrò, dov’io pregai soletto a sera;Vedrò le tele e i marmi, onde la primaMi spirò ’ntorno al core aura del bello;Dal casto seno e dalle fresche labbraDi toscane fanciulle udrò l’accentoDella favella mia puro venire,Quasi voce d’uccel tra la verdura.Come pittor che torna al suo modello,O bellezze immortali, a voi ritorno:Vena novella di piacer da voiGl’innovati pensieri attingeranno.Fido amator così nella ferventeE lungamente vagheggiata donnaNuove vaghezze trova ritornando,E pago, e non mai stanco, in lei riposa.Voi pur vedrò, foci del Tizio, ov’ioBevvi col latte e con la fede avitaL’idïoma d’Italia e la speranza.Lì son del padre e della madre mia(Nè ancor le vidi), e d’un gentile amicoLe sepolture. E poi che baci al sassoDati avrò che dolor tanti ricopre,A te, Venezia, lieta ospite mia,E donna de’ miei padri, a te, possenteLombarda terra onde l’origin trassi,Riverrò, seguitando il mio destino.Lunga stagion vagante alla montagna,Torna il cavallo al cavaliero e al morso,Ma non obblia l’amor de’ paschi antichi.La terra dell’esilio avrà gran parteDe’ miei pensier’; chè nell’esilio crebbeL’anima pellegrina: e sa d’amaro,Ma nutre forte, il pan della sventura.Nuovo di terre e di viventi aspettoVidi, e udii voci che passàr’ volando,Che sonaro al cor mio nuove parole:E piacer’ provai dentro inaspettati;Come chi va per lunga erta pietrosaIncerto ansando, e scopre una valletta,E tra l’ombre e le case acqua corrente.Ond’io ne’ dì quando le tue m’avrannoQuete e del fior dell’arte incoronateAcque, o Venezia, penserò là doveNe’ grandi scogli della pia BretagnaInfrange l’Oceàn l’onde tonanti.E della Brenta al margine, distintoDi regie ville, mirerò gigantiGli Armòrici Dolmenni, e seder mestaQuiberòn dirimpetto al sol morente,Piangendo i figli suoi caduti indarno.E dove affretta il piè per lieta viaL’Adige ameno, mi verranno a menteL’ore che lungo Senna innamoratoFra le mosse dal vento ombre cantai.Quando a notte entrerò, Pisa, il tuo campoOve dormon le forti ossa degli aviSotto la santa terra palestina,Dinanzi a me si schiereran le naviCarche d’oro e di guerra e di peccato,Da interminato pelago vegnentiDi Loïra alle foci e di Garonna.Nella pace, o Milan, di tua pianura,Dritte ed eccelse e in sua spessezza lieteFremeran d’Aïtone e di NïelloL’ ombre ne’ miei pensier’; vedrò ’l palloreUmile e altero delle còrse donnePercuotermi nel cor più che d’amore.Udrò, simile alla cirnea vendetta,Urlar tra i sassi e le ulivete il vento,E per le selci la levata fiamma;E il Vòcero che cupo a passo lentoSegue l’Ombre de’ morti e chiama sangue.E te pur penserò, che dalla forteTerra in cui l’adulato esule nacque,Mandi del canto l’ospital salutoAll’errante poeta. Oh con sue casteForme, felice ingegno, a sè ti traggaL’italica bellezza: a lei modesti,Ma caldi e ornati di pietà, gli amori.Conti, memoria alata è la speranza.A me le molte, che raccolsi in via,Pie rimembranze, ne’ languor’ conforto,Lume al presente, e all’avvenir fien penna.Nocchier che salpa, i remi indietro appuntaAlla riva fuggente: il navicelloGuizza sull’onde, e a nuovi lidi aspira.1839.