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Materiali d'archivio
Fondo Tommaseo della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
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Niccolò Tommaseo et Nantes: mostra allestita in occasione del convegno internazionale di studi Tommaseo europeo per il 150° anniversario della morte di Niccolò Tommaseo(1802-1874)
A Giuseppe Multedo, côrso
Te, come donna sconosciuta ancora,Che la voce e l’andar suo c’innamora,O Corsica, pensai con lieto amor.Quando vidi spuntar le Sanguinare,Figlie gemelle tue, cui bacia il mare,E Aprile il capo e il lembo orna di fior’,Parvemi quasi di finir l’esiglio:Italia! Italia! dissi: ogni tuo figlioStimai fratello, e gli tendea la man.Ma freddi o schivi i più de’ tuoi vedeaD’Italia al nome: e il cor mi si faceaCome d’amante ch’ha sperato invan.Gli è ver ch’italo ferro il piè ti strinse,Che Genova tiranna a te s’avvinse,S’avvinse a te come serpente suol,Che, vecchio e stanco, all’ali s’aggrovigliaD’aquila giovanetta: ella gli artigliaLe squammee spire, e morde, e tenta il vol.Ma se del tuo nemico a te dilettaL’acre dolor, compiuta è la vendetta:Dalle tue rupi il torrido soffiòVento, che di lontane onde l’alteraRegina un tempo, ligure bandieraCon la spezzata antenna in mar lanciò.Itala terra sei. Nell’accorataDelle tue donne funeral ballataSpirano i suoni che il mio Dante amò.Ai pingui colli dell’Euganeo suolo,Alle balze del ripido NïoloL’alber medesimo i suoi germi fidò.Ebbe anch’Italia antichi i suoi tiranni,Li prese e ruppe; e, di famosi affanni,Per agognate vie, bella salì.E d’Amalfi a Milan, d’Adria a Tortona,Fitte, siccome i pini in Vizzavona,Città pugnaci pullulâro un dì;Città, di re terror, donne di regni:E volàro e posâr’ gl’itali ingegni,Delle terre e dell’onde imperator’.Quell’odio che i tuoi figli, Isola forte,Consuma, e ad uno ad un li getta a morte,Provincie intere divorava allor.Non dalla macchia a notte o a dubbia mane,In pien meriggio, al suon delle campane,Dagli alti merli e sull’aperto pianSi ferivano a mille; infin che, alteroDe’ falli nostri, il vigile straniero,Venne e legò le parricide man.L’odio, miseri noi, l’odio ci ha sfatti:Alla febbre de’ rabidi misfattiIl letargo seguì de’ turpi amor’.Scuola ti sia l’esempio: e dona a noiMemore pianto. Nè scordarti puoiCh’italo sangue a te batte nel cuor.Sempre Italia sarai. Sento venireDi versi un armonia, ch’al mio partireFra i poggi e l’acque di Bastia volò.Puro così d’Arquà sulle pendici,Così de’ cedri tuoi nelle feliciAure, Benaco, l’usignuol cantò.Segui a più alta via, dolce poeta:Ne’ tuoi fratelli generosa e quetaSpira col canto un’armonia d’amor.Me di nuovi dolor’ lieto desioAltrove chiama. Austera Isola, addio:Non obblïare il profugo cantor.Sai di che schietto amor, primo, t’amai;Con che libera gioia ringraziaiDe’ tuoi mari e de’ cieli il bel seren:E udii le oranti vespertine squilleDi poggio in poggio, e le sospese villeVidi, o posate alla convalle in sen;E del nembo fuggii nelle tue grotteLo scroscio; e corse giù per vie trarotteO su tremuli ponti agile il piè.E côlsi la volante poesiaDi bocca alle tue donne: e l’armoniaDi lor canzoni ne verrà con me,Grato dono all’Italia. Intesi il pianto,Forte e simile a modulato canto,Della sorella ch’alle Assise invanChiedea vendetta del fratel tradito:Visitai dentro al carcere il bandito,Strinsi, confesso, la macchiata man.E quando al fin de’ miei pensati guaiVicino esser credea, raccomandaiPotesser le ignorate ossa posarAl Borgo, là dov’Ombre armate intornoAi ben difesi tetti errano, e il cornoPaion, che a guerra inciti, ansie bramar.Ombre italiche siete. E spesso a seraPer la bruna onda mute in lunga schieraCercar vi vidi con materno amorD’Italia i liti. Nel natìo soggiornoTornate, o benedette: avrete un giornoGrande d’affetti e di preghiere onor.1839.