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Materiali d'archivio
Fondo Tommaseo della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
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Niccolò Tommaseo et Nantes: mostra allestita in occasione del convegno internazionale di studi Tommaseo europeo per il 150° anniversario della morte di Niccolò Tommaseo(1802-1874)
La foresta
Era notte; e motteggiandoAldrovando cavalieroDisse a Nello suo scudiero:Hai tu mai provato amor?Era Nello un giovanettoDi gentile e altero aspetto;Capei neri, ed occhi ardenti,E modesto in suo valor.Scosse Nello il capo, e in attoDi mestissimo sorriso,Disse a lui guardandol fiso:«Che v’importa del mio cuor?»— Via, raccontami se in cuoreHai tu mai sentito amore. —Tacque un poco il giovanetto;Poi gli dice: «E voi, signor?»— Canta, o Nello, una canzone. —Nello prese il suo lïuto:Il signor l’udia, sedutoLungo il fiume, e gli occhi al ciel.— Vo’ cantarvi una ballataD’una donna innamorataChe morì dal grande amore:L’era paggio un mio fratel. —Come corda di lïuto,Dal dolor tremava il canto:Chinò ’l viso, e diede in pianto:Il signor s’impietosì.La man pose in sugli anelliDe’ suoi morbidi capelli.A quel tocco il giovanettoSi riscosse, e via fuggì.Viene il giorno, e il cavalieroChiama e cerca invan di Nello:Gli era uscito del castelloCavalcando il suo destrier.L’armi ricche e il fine elmettoE il lïuto suo dilettoNel castel lasciato avea,Tolto in cambio il buon corsier.Il signor si mette in viaRicercando il suo scudiero,Ch’era ardito e pio guerriero,Era docile e fedel.A cansar del sole il focoSedea Nello all’ombra un poco:Sente a un tratto il calpestìo,Monta e fugge come uccel.Ma il cavallo incespa, e cadeNel burron della foresta:Rotte l’ossa della testa;E per gli occhi il sangue uscì.Lo levâr con grande affanno,Lo portàro in un capanno.— Nello, Nello! —Il giovanettoMosse i labbri, e gli occhi aprì.Riconosci il tuo signore?Gli perdoni? — Il giovanettoDelle man fe’ croce al petto:Dir volea, ma non potè.Nel vederlo venir meno,Una man gli pose al seno;Ma tremando la ritrasse:Sente alfin che donna ell’è.Nobil donna; i suoi parentiLe avea morti la vendetta:L’infelice giovanettaSi nascose a quel furor.Poi si mette travestitaDel guerriero a far la vita;E dal padre d’AldrovandoVenne, e piacque al buon signor.Era allor lontano il figlio:Ma tornò; lo vide, e n’arse;E sentiva consumarseNel suo vergine dolor.E peccato le parea,E lontan fuggir volea,Quando Iddio con sè la tolseA insegnarle un meglio amor.Egli a lei: «Così mi lasci? —Ella a lui: — Così Dio vuole. —— Intend’or le tue parole,Generosa, e il tuo tacer.»Ella il guarda in grande ambascia;Leva il braccio, e poi lo lascia(Qual chi gioia ormai nessunaChiede al mondo) ricader.E con cenni affettuosiRaccomanda al cavaliero,Che in quell’abito guerrieroLa lasciassero così;E che in quella selva oscuraLe si desse sepoltura:E nel nome di MariaSenza gemito finì.Entro in quella selva oscuraFece fare il cavalieroUna chiesa e un monastero;E lì visse a lei vicin.E dicean che sempre, il giornoDella morte, tutt’intornoAlla chiesa si sentiaUn odor di gelsomin.1841.