Angeli, che ascendete e scendete tra il cielo e la terra, maggiori di noi e conservi nostri, adorate il Signore, insegnateci che l’adoriamo. Di quel moto intenso che porta voi verso il vero senza ritardo o intervallo con agilità maggiore del nostro pensiero, una qualche impressione si comunichi a noi, dalle vostre altezze divisi per tanti impedimenti. Siccome d’invisibili che erano nella sua idea, Dio le cose fece visibili, e le
Non sia tentatore egli di sè medesimo, come l’angelo superbo che della propria libertà s’armò contro sè stesso; e la saetta, avventata contro l’Eterno, in lui si ritorse. Non creda potere per sua naturale virtù conseguire gloria e beatitudine; s’acqueti al vero, e riceva in sè l’amore di quello: chè fede non è senza amore. E sarà colonna raggiante, in quella immagine che tu, Michele, guidasti a ignoto, e pur sicuro, pellegrinaggio Israele, il popolo liberato.
Assistente alla destra di ciascuno de’ nostri altari, di ciascheduna delle anime nostre, tu porgi, Arcangelo, all’Eccelso la nostra preghiera; come volante raccoglie un germe da terra e lo porta là dove occhio d’uomo nol può seguire. Te, Michele, invoca il sacerdote e il popolo, sempre che si commemora e si rinnovella il sacrifizio della umana liberazione: te invoca l’anima addolorata e sperante, confessando il peccato, e chiedendo che sia rivendicata in libertà: il nome tuo risuona nella commemorazione de’ morti; e dalle tenebre del sepolcro il pensiero de’ Cristiani risale, come per natural grado, alla tua luce santa.
Tu che rompesti i lacci delle tenebre, addensate fin nelle vostre altezze sì tosto come la luce fu, e innanzi che l’uomo fosse; tu ci scampa da’ lacci della morte e del male; insegnaci l’umile sicurezza che è il sovrano degli accorgimenti, e a cui s’infrangono come vetro le astuzie violente de’ tristi. Battaglia (tu ce l’insegni) battaglia è la vita, ma battaglia di luce e d’amore; nè senza contrasti l’anima avrebbe meritato premio di consolazione e piena coscienza di sè. L’uomo infermo,
Con quella gioia severa e modesta che in cielo si resistette al cimento del male, resistiamo anche noi. Non ci ferisca l’invidia colle sue attossicate saette. Fuggiamo le indisciplinate contese, respingiamo gli eccessi con l’opera meglio che colla riprensione superba. Agl’indocili esempio di docilità sia la nostra parola. Ascoltiamo in raccoglimento la voce intima che voi, Spiriti, ci parlate nel vostro intellettuale linguaggio, che antiviene i pensieri umani e li viene educando. Intendiamo la parola che ci è fatta per mezzo degli Angeli; e nell’alta storia loro leggiamo l’umile nostra. Non nella gara nemica pongasi, o Signore, la lode: apprendasi che nella casa vostra son vasi più o meno preziosi, che il volere infrangersi degli uni cogli altri non è un servire agli usi a che li avete voi destinati. Stimiamo gli altri superiori a noi, e gli avremo unanimi; e l’uguaglianza beata della società degli spiriti farà ciascheduno uguale e costante a sè stesso, non sollevato come flutto di mare in burrasca. Coloro che al mondo paiono essere qualche cosa, niente poi fanno di stabilmente grande: e l’orgoglio che tende a levare sopra i maggiori di sè, si abbassa da ultimo sotto i minori, siccome Satana cadde sotto i piedi dell’umanità invidiata. Voi esaltate gli umili, e gettate di seggio i potenti. Voi discacciaste il primo omicida, che intese spegnere la vita dell’amore; e mandaste il vostro Diletto a spegnere le nimicizie sulla terra, spegnerle col soave vivifico alito delle sue labbra.
Pietà, Signore, de’ non giustamente puniti. Gli Angeli vostri, che soccorsero a’ rinchiusi tra le bestie fiere e nelle segrete degli uomini ingegnosamente feroci più delle bestie fiere, assistano a’ poveri carcerati, e ne sciolgano o almeno ne allentino le catene; di quelle facciano strumento di redenzione e stimolo generoso d’amore.
Pietà de’ prìncipi di questo secolo che si distruggono fra sè, e si distruggono ciascheduno da sè: pietà de’ popoli che colla colpa lacerano rabbiosamente sè stessi: pietà di tutti gli uomini che per timore della morte, o del disagio che ad essi è più che morte, si vendono per tutta la vita a servitù maledetta.
Ma la civile libertà della specie nostra misera è lieve fronda della gran pianta di questo universo. E questa nostra terra le invisibili radici che l’alimentano spande per ampii spazii di mondi non noti a noi, e ad essi poi rende le fronde della sua veste, e diffonde in altri spazii più alti l’alito della sua chioma. Viviamo, o Dio, con la fede in quelle profondità e in quelle altezze; con la fede che senz’opere è morta: e le inferme opere nostre accordiamo agli universali vostri non scrutabili intendimenti. Per la fede fu vinta la prima battaglia degli Spiriti, quando la libertà incominciò a essere velame di malizia tiranna.
Respingiamo i desiderii che militano contro all’anima per farla serva: combattiamo con armi d’amore; giacché gli spiriti malvagi anch’essi credono a qualche modo la verità e la grandezza che disconoscere non possono, ma la credono con orrore ritroso e con
Chi è che viene portando, nel suono dell’aria circonfusa e nella luce vibrante da tutta la sua persona, un nome ch’è sopra ogni nome, a cui s’inchina ogni movimento di spiriti e terreni e infernali e celesti? Quegli che parla giustizia e misericordia, quegli in cui furono tutti creati gli spiriti. O Verbo eterno, che appariste agli Angeli grande sacramento di pietà, voi trionfaste in loro il primo celeste cimento; poi, con l’umanità assunta, trionfaste in voi stesso del male per la via del dolore: e per quel che patiste e foste rimeritato, voi solo potete rimeritare coloro che si trovano nel cimento. Angeli, che contenete il Verbo della vita, contenuti da lui, era vostra favella lo scintillar della stella che lo annunziava alle genti; della stella, sopra i cui giri altissimi ascese il pianto di Rachele piangente i suoi figli, ma consolata perchè li vedeva concittadini degli Angeli. Voi ministraste a Gesù nella solitudine della foresta, voi lo cantaste nascente e l’annunziaste risorto. Non è qui, dicevate per confortar le donne affettuose. E a noi dite: «Egli è qui, e in ogni dove, e noi seco. »
Voi, dato a custode a un popolo come a un’anima sola, al popolo che doveva far ricco il genere umano della eredità di Gesù; Voi, pregate, o Michele, e per questo popolo disgraziato, e per quelli che gli somigliano e nella gloria e ne’ dolori, l’Italia e la Grecia: pregate, acciocchè la pietra angolare, rigettata dall’edifizio, non cada a schiacciare gli edificanti, non rimanga nella via intoppo imprecato. La maceria che, parete importuna, divide famiglia da famiglia, sia sciolta e si dilegui
Non pur nel mondo degli spiriti, ma nell’infima materia voi proseguite, o Angeli, il fine della Provvidenza e l’opera della redenzione; e essa materia nobilitate, insegnandocene usi sempre più spirituali, e facendola velo e rivelazione di sempre più alte verità. Della materia che le nostre colpe fecero sempre più angusta barriera ne’ campi dello spazio e del tempo, voi c’insegnate a servirci per dilatare e per superare i limiti dello spazio e del tempo, e farci, anche così, men lontani dalla vostra agilissima semplicità; per voi è amministrata ogni creatura corporale, per voi ministri di Lui, dal quale è ogni forma e compagine e concordia di parti, ogni bellezza e saldezza dell’armonia e dell’amore. E voi, cooperando alla creazione continua e alla incessantemente ascendente educazione de’ mondi, portate con voi la beatitudine più suprema, e la diffondete intorno a voi, come volante che, ovunque si posi, consola del canto l’aria e le fronde tremule sotto il suo piè leggerissimo.
Dateci, che, nell’usare anco i più materiali strumenti della vita, noi confessiamo il Verbo creatore; che nessun d’essi sia a noi fune che leghi e tiri all’ingiù;
O stelle, che rilucete immense nell’alto, percettibili appena di quaggiù all’occhio debole nostro, la fede e l’amore e il pensiero e l’esperienza de’ secoli vi fa e vi farà a noi più chiare; dacchè per la successione dei tempi viene svolgendosi della divina cognizione l’aumento. Il tempo delle nuove rivelazioni è prefisso, ma nostro merito è apparecchiarne la via. Preghiamo intanto e per il nostro e per quanti mondi Iddio seminerà nello spazio immensurato; che il giudizio, che ciascheduno ha a portare con sè di sè stesso, sia giudizio di vita. Può Dio dalla pietra suscitare i figliuoli de’ suoi adoratori veraci; e può da’ vapori fiammanti sparsi nel vano, e anch’essi simili al vano, formare universi novelli.
Ma noi in questo crepuscolo vespertino, al quale deve succedere notte e quindi alba pura, ascoltiamo le parole che voi, Spiriti, dite. Non ancora i secoli di quest’umile terra sono adattati all’impronta del Verbo di Dio; non ancora le cose sono, come potrebbero, sottomesse alla libertà del pensiero. Ma verrà questo tempo: e l’anima mia, che pur vede l’impero della morte dominare la terra, riposa nella lontana speranza, o Signore, del vostro regno.
Sarà, come vaso di creta, infranto il pianeta nostro, dopo che prodigii mendaci e spaventi avranno tentato abbagliarlo. E di ciascheduna nazione, e di ciaschedun’anima, sarà fatto giudizio secondo le opere sue, e i minimi pensieri colle opere computati.
Campateci, o Michele, dalla morte seconda, al cui paragone la prima è passaggio agevole di pianura in erboso declivio. Dateci, che, il dì quando il sole sarà