• A Pio

    A Pio Come il pensiero del tuo core, o Pio, Affettuoso ed altamente umìle, Chieggo allo Spirto il suon dell’inno mio, Perch’all’afflitta delle genti ancella S’apre nel nome tuo stagion novella. Come d’aprile il placido respiro D’un bel verde colore, Crescente a tutte l’ore, Le valli e i poggi innamorati abbella; Nella preghiera tua molti fiorîro Pensieri, o Pio, di generoso amore, E di glorie miglior’ santo desiro. Pura colomba, il fido Tuo solitario nido Nascondeva per lunghi anni il sospiro Di quell’amor possente Ch’or cittadi e deserti empie del grido: E il cuor profondo t’innalzò la mente. Sol una accender puote Mille migliaia di fiammelle spente: Solo un soave venticel riscuote Tutte del bosco unanimi le fronde, E per ampie remote Spiaggie commove l’armonia dell’onde. E tu, com’aura che le verdi cime Pura sorvola, e l’ime Valli accarezza, ed in un fiato accoglie Mille respiri d’odorate foglie; Nell’umiltà sublime Comprendi i casolar’, le reggie, i Tempi; E il casto spirto in un desìo raccoglie Quanta sinor disseminò ne’ tempi La chiesa di Gesù grazia d’esempi. Ma travagliosa, o Pio, Travagliosa, e tu ’l sai, gioia è l’amore: Ed è fecondo, ma crudel, dolore Un combattuto altissimo desìo. Come Jacòb con l’Angelo di Dio In lungo scontro esercitò la mano, Col torvo senno umano Più fiera lotta, o Pio, dura il tuo cuore. Alma gentile, il secolo villano Non ti conosce: e nel costoro affetto Odio si cela, e nelle avare ingrate Lodi calunnia, e nell’onor dispetto. Ma voi che Italia e ogni alta cosa amate Con verecondo petto, Voi simile a sgomento una pietate Prende del capo venerato e santo, Che a caro prezzo acquista il nostro bene. Serbaci, o dolce Iddio, cotanta spene. Tacendo oriam. (Così la madre, intanto Che dorme il figlio da’ dolori affranto, Il suo sospir rattiene, Ch’ella nol desti). — Oriam prego sincero, Che sia giunta alla sua la nostra etate. Oriam, che il volto e lo splendor tuo vero All’anime d’orgoglio intenebrate Si riveli, o divina Libertate, O tremendo de’ secoli mistero. Te per distorte vie con travagliosi Ozii il discorde mondo errando chiede. Misero, che non vede Dove il cammino tuo, dove i riposi; Nè sa che di pensosi Gaudii, o Santa, ti nutri e d’umil fede; E, dov’uom più ti noma, ivi non sei. D’ali vigor crescete ai preghi miei, Spirti del cielo, a cui l’Italia è in cura. Deh potess’io sì dura Per lei pena patir com’io vorrei, E seppellir le sue catene infrante Nella mia non saputa sepoltura! Nella carcere, 2 febbraio, 1848.