• I contagii

    I contagii D’Indici fiumi o d’Africana sabbia Contagii rei, con lenta ala volanti; Di serpenti velen, canina rabbia, E sepolcri ammorbata aura spiranti, Gallica tabe, oscene lebbre, e scabbia, E palustri vapor, febbre fumanti; Son tribù d’invisibili nemici All’intime dell’uom vite nutrici. Chè non potrìa negli organi latenti Correr sì ratto e sì durar la pugna, Se non fosse di minimi viventi L’acuto spirto e il freddo guizzo e l’ugna. Fannosi via come di raggi ardenti Rivo in cristal penètra, acqua in ispugna; E, quasi armato stuol per ampie porte, Da ciaschedun de’ pori entra la morte. Son vive morti. Ed esso l’uom col sorso Dell’alito e de’ baci a sè le inspira, O per le vie, ne’ cui segreti ha corso La virtù generante, entro le tira. Vien col contatto, col respir, col morso La turba ostile, e in sè ferve e rigira: La vita assai ne’ centri, e di lì poscia Spande brividi, ardor, letargo, angoscia. E qual ribolle; e sulla scabra cute Sta d’enfiati e di scaglie orribil’orma: Qual contrae con l’algore; e alle sparute Faccie a un tratto fallì la nota forma. Come tarlo, entra all’ossa; e con le acute Armi le sega un’implacata torma: Altra gli umor rïarde; e in febbri freme L’egro, e in delirii, e l’acque anela e teme. Nelle vive dell’uom posse s’avventa, Come battaglia in popolo che fugge; Or s’aggrava tiranno, e lor con lenta Avid’ira tenace affanna e sugge: Or entra insidïoso e li addormenta; Tormenta con gli amor’, co’ baci strugge: E, vizïati della vita i germi, Traggon lunga agonia secoli infermi. 1852.