Il portale Carte Tommaseo online mette a disposizione di studiosi e interessati materiali e risorse relativi alla figura e all'opera dello scrittore e linguista Niccolò Tommaseo. Consulta i cataloghi e gli inventari, sfoglia le collezioni digitali, accedi alle pubblicazioni.
Materiali d'archivio
Fondo Tommaseo della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
Conosci e consulta tutte le novità relative al mondo di Niccolò Tommaseo. Il portale Carte Tommaseo online consente agli studiosi e agli appassionati di essere costantemente aggiornati sulle iniziative e sulle pubblicazioni riguardanti lo scrittore.
Eventi
Conosci le iniziative d'argomento tommaseano organizzate nel tempo
Accedi a vari percorsi tematici e ad approfondimenti relativi alla figura e all'opera di Tommaseo.
Il portale Carte Tommaseo online presenta e mette a disposizione elaborati utili agli specialisti, ma anche studi e materiali da utilizzare per finalità didattiche.
Niccolò Tommaseo et Nantes: mostra allestita in occasione del convegno internazionale di studi Tommaseo europeo per il 150° anniversario della morte di Niccolò Tommaseo(1802-1874)
Mane, Thecel, Phares
I
Briaco, si fe’ BaldassarGli splendidi vasi portar,Che al tempio di Giuda rapìQuel re che poi, bestia, muggì.E tutti negli aurei bicchier’I grandi si misero a ber,Le mogli, le drude del Sir,E i muti lor Dei benedirChe l’uomo in metallo gettò,O in sasso od in legno tagliò.Quand’ecco sul muro una manCon dita che rapide vanScriventi una scritta ch’al reE a’ Grandi compresa non è.II re ne’ pensier’ si smarrì,De’ reni la forza sentìFiaccata, e con trepidi pièGinocchio a ginocchio battè.Suoi maghi e indovini chiamò:Aiuto, venite, gridò:La scritta chi legger saprà,Di porpora e d’oro potràVestirsi, e consorte sederIn terzo del regio poter.I maghi le note non sanChe scrisse l’orribile man:E il re, per lo grande terror,E i Grandi mutaron color.Chiamato, compar Danïel,Profeta del re d’Isräel:«Che far de’ tuoi doni, non so.La scritta, se vuoi, leggerò.Iddio, ch’è il padrone dei re,La gloria a Nabucco già diè,Gli diè la tremenda virtùDi reggere lingue e tribù,D’uccidere a pieno piacer,Far sorgere in alto e cader.Nabucco di contro al SignorLevò la superbia del cor:Ma Dio d’ogni onore l’orbò,Cogli asini al bosco il mandò:Bagnaro il ferino suo pelLe pioggie e le brine del ciel.E adesso il suo degno figliuolA Dio rinchinarsi non vuol:Ne’ calici sacri bevè,E i grandi e le drude del reCantaron gli dei che non hanNè senno nè lingua nè man.Iddio sconoscesti: peròIddio quelle dita mandòDi mano veggente, immortal,Scrivente la scritta fatal,Che dice: ecco l’ultimo dì:Iddio lo tuo regno finì:Iddio di sua man ti pesò,Il peso calante trovò.Sei morto. La tua potestàNel Perso e nel Medo n’andrà.
II
A fiero banchetto sedèLa fame del popolo re;Nutrì, senz’amor nè pietà,La sua con le altrui libertà;De’ popoli bevve nell’ôrLe lagrime, il sangue, i sudor’;De’ pesci la carne cibòChe l’uom di sue carni ingrassò;Sull’armi sdraiossi alla fin,Briaco d’orgoglio e di vin.Quand’ecco terribili a udirFalangi da’ Borea venir,E Roma col lungo ulularDal duro letargo destar,Che indarno col ferro e con l’orDiscaccia l’avaro furor.Qual vento che il verno soffiò,Qual flutto che ’l turbo gonfiò,S’avventano senza pietàSu lei che difesa non ha:La forzano i barbari re,Forzata, la pestan co’ piè;E il cranio in cui bevono è pienDel sangue del fiacco suo sen.III.
O Grandi di Francia! e a voi purConviti larghissimi fur;E il povero a voi li imbandìCon l’opra de’ lunghi suoi dì.Gettastegli a’ piè, com’a can’,Voi, vili, l’oltraggio ed il pan:Voi vili per tutta mercèSfioraste d’onore e di fèLa vergine ch’egli educò,La donna che il misero amò.Diceste agli afflitti: godiamCo’ bruti, chè bruti noi siam.Ridiamo: la morte verrà,E il fango nel fango cadrà.Dormiron ne’ fiacchi piacer’:Quand’ecco leggiera a vederSugli ebri una scure s’alzò,E al torbido sol balenò,E scese veloce e salì,E vili e possenti finì.
IV.
Un popolo i mari passò,Austera una razza creò,Rampollo divelto dal senMaterno, che in forte terrenI rami nel libero vaSpandendo, e gran selva si fa.Fanciulla non rise o vagì,Di vergine amor non gioì;Ma crebbe possente a raccorAdulte le gioie e i dolor’.Gettossi bramosa sui ben’Che crescon dal fango terren,Feroce con lor s’abbracciò,E quasi d’amor palpitò.L’immenso de’ campi ondeggiar,Le immense pianure de’ mar’,De’ fiumi il profondo muggir,De’ boschi il sublime stormir,Ridusse in venale valor:E l’uomo (tremendo tesor)Al tasto e al color giudicò;Gli spirti al mercato comprò:La morte ai Selvaggi vendè,E il vizio, più dura dei re.Ahi popol mercante ed artier,Briaco di grossi pensier’,La razza, tuo spregio e terror,Segnata d’infame color,Un dì sulla tua libertà,Qual grandine grossa, cadrà.Deh rompi la nebbia il cui velTi toglie i sereni del ciel.Colui che tu chiami Signor,Fu semplice e mite di cuor.…………………………………… 1837.