• Presente e Avvenire

    Presente e Avvenire L’UOMO Troppo è libero lo sguardo, E comprende in un sol giro Monti, abissi, e terra e ciel; Troppo il piede infermo e tardo. Spesso il fiume del desiro Si raddensa in pigro gel. Dai desir folli trafitto, Dai desiri al suol confitto, Si ritorce il cuore in sè; E l’idea del ben lontano Lo rallegra e attrista invano, Ricco ignudo, e servo re. Con l’orgoglio e col sospetto Egl’infosca il mite affetto, E le gioìe col timor. Dai diletti e dagli amori, Come vipera dai fiori, Sugge il tosco del dolor. Con dolor corre e s’asside, Con dolor compiange e arride, Con dolore e scende e sal. A lui stanca la vittoria, Tarda e fredda a lui la gloria; Guerra il bene, e tregua il mal. L’ UMANITÀ. Questo lento languor che m’atterra, Sonno è forse? o gli è l’ultima guerra Che la morte e l’Eterno mi dà? Quest’ardente animoso pensiero Che di me prende a forza l’impero, Innocenza o delitto sarà? Perchè, lassa, i concetti sì pronti, Franchi i detti, ed altere le fronti, I cor’ bassi, e ribelle la man? E nel torbido fiume degli anni I dolori confusi agl’inganni Via, com’onde, volvendo si van? Perchè trepidi e audaci i potenti? Perché i popoli vili e frementi? Perchè crudi e superbi i terror’? Perchè l’uom, dell’errar non mai lasso, Cade, e sorge, e ricade a ogni passo? Tanto amore, e tant’ira ne’ cuor’? Ferve un doppio discorde desio: Libertate inimica di Dio Pugna a morte con pia servitù. E, digiuna nel duro certame, Qual guerrier che boccheggia per fame, Più non regge l’umana virtù. IL TEMPO. Di cielo, di luce, di spirito e d’onda, Di quete rugiade, di marcida fronda, D’umano sudore, si nutrono i fior’. D’indugi, di colpe dal pianto lavate, Di spregi, di preci dal pianto rigate, Di lunghi deliri, si nutre l’amor. Son vari i colori dell’unico raggio: Per lati diversi nell’ampio vïaggio S’avanza il pensiero; nè arretra, nè sta. Le antiche trapassano in forme novelle: Dispare la luna, si celan le stelle, Ma spunta dell’alba la lieta beltà. E il cerchio degli anni con giro più grande In alto ed in basso del pari si spande; Più gioie, più duoli rinchiude nel sen. Discorre più tetra l’insana procella Per vaste pianure: sorride più bella La pace del cielo per ampio seren. Pria tacita stilla, poi rivo lucente, Qua fonda fiumana, là sozzo torrente, S’accolgon gli affetti, concorrono al mar. Nell’ira villana, nel vile periglio, Nell’esule patria, nel libero esiglio, Ne’ dubbi, nel sangue, s’impara ad amar. Aix, febbraio 1834.