• La moglie

    La moglie D’umile donna un cuore Chieggo consorte al mio. Sovra il terren desìo Cresca più vero amore, Come la rosa aprìo D’infra le spine il fior. Disse il Signor: lasciate De’ genitor le soglie, La bene amata moglie Segui indiviso; e fate In due terrene spoglie Solo un pensiero, un cor. O Spirto, amor tu sei, Norma e ragion d’affetto. Di lume uguale e schietto Spandete, o pensier’ miei, Sul marital mio letto Un vergine candor. Ella, taciuto, intenda E affini il mio sentire; Brilli del mio gioire, E geminato il renda. Del ben che dee venire, Signor, sian grazie a te. Gioia delle amorose Tue mani, o buon Signore, Donna innocente è il fiore Delle terrene cose. Ma di mondano onore Carca la mia non è: Non è di vil ricchezza L’unica mia superba; Vana non è d’acerba Terribile bellezza: Schietti e raccolti serba Gioia e dolori in sè. Tale io la chieggo. O caste Spose de’ miei già morti, Che mansuete e forti Con lor la vita opraste, Voi le medesme sorti A lei pregate e a me. Dell’anime che padre Mi chiameranno, o voi, Spirti custodi, a noi Guardate. O terra madre, Consenti i doni tuoi A lei che il ciel mi diè. Lieve sul suo, concorde, Lo spirto mio si stia, Com’esce l’armonia Dalle commosse corde, E si diffonde via Per l’aëre seren. Ma chi son io ch’anelo, Indegno, a tanto dono? Un de’ redenti io sono. Come di luce il cielo, Cristo, del tuo perdono Immenso, il mondo è pien. Sgorga una fonte, a un rio Che in alta selva nacque S’incontra: uniscon l’acque Con queto mormorio: Li vide e sen’ compiacque Il florido terren. Dove nascesti, o pia, Per chi pregando stai Oggi che ancor non sai Che della gioia mia Tra poco e de’ miei guai Palpiterà il tuo sen? 1838.