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Materiali d'archivio
Fondo Tommaseo della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
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Eventi
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Niccolò Tommaseo et Nantes: mostra allestita in occasione del convegno internazionale di studi Tommaseo europeo per il 150° anniversario della morte di Niccolò Tommaseo(1802-1874)
Agli amici. In morte d’uno d’essi, Antonio Marinovich
Agli amici. In morte d’uno d’essi, Antonio Marinovich
QUESTI VERSI, E TUTTO IL VOLUME, DEDICO, IN MEMORIA
DELLA CINQUANTENNE AMICIZIA, ALL’ABATE GIOVANNI
STEFANI, AMICO D’ANTONIO ROSMINI, E MIO PIÙ CHE
FRATELLO.
Febbraio sospirò, sorrise aprileSulla sua sepoltura; ed or le acuteAure d’autunno, e mite il sol, sull’erbaCui nutre il corpo dell’amico mio,Spargon di passe susurranti frondePianto, e corona di tepidi rai.Le soavi d’autunno aure spiraiTeco sovente, e sulle placid’ondeDalla mesta collina errar vid’io,Quasi nel volto di fanciulla acerba,I be’ color del cielo. E per le muteOmbre tornavo, o anima gentile,Teco d’amor parlando e di dolore,Teco di gloria e spirital bellezza,E di caduta speme, e di sorgentiRimembranze, e de’ popoli, e di Dio.Già più stanco d’assai, pur con più forteLena portavi la gravosa vita.Mal ti conobbe il mondo: e la romitaCoscïenza chiudea di sè le porte,Sola al tedio, al piacer, sola al desio.Fior pellegrino in mezzo a sassi algentiCrescesti; e del mattin la casta orezzaDi te recò novella al tuo Signore,Che diè, rugiada al calice languente,Sua fede santa, e m’inviò che all’auraTua s’ispirasse mia timida vita.I’ ti conobbi, e ti sentii fratello,E l’anima vogliosa rinfrescaiDell’amor tuo nella riposta vena.Premio veniami il tuo sorriso, e penaIl tuo silenzio: e con più cor volai,Te mostrator, per l’alte aure del bello.Per lunghe terre e mar da te partita,Come lontana nube al sol s’inaura,Raggiava a te mia giovanetta mente.Teco i’ parlavo. I fior’ d’Italia e il santoCielo, e di Francia l’aër tetro e il fango,Fidi a te radduceva i miei pensieri.A te le viste e le pensate coseNarravo: e tu, delle terrene noieForma già scarca, mi leggevi in Dio.In lui ben vedi il mio pentir, perch’ioNon di quante potei fraterne gioieRasserenai le tue ore dogliose.Or gl’insani sospetti e i cenni alteriTornanmi innanzi, e ne vergogno e piango:Ma poca al fallo è la vergogna e il pianto.O Antonio, o cari miei, quanti la morte,Quanti l’Amor che noi chiamiam fortuna,Provvido in sua ripulsa, a me contende;Quanti d’amplesso e di parola piaRïaveste il solingo derelitto,Quanti d’ignota a lui santa preghiera;Quanti il tesor dell’anima sinceraDesïanti gli apriste; e a me confittoIn valle ombrosa, i cieli e l’armoniaChe pel vano raggiante alta si stende,Rivelaste divini; e il core ad unaMolle al piacer gli feste, a’ dolor’ forte;Varii d’età, d’ingegno e di paesi,D’amistà paghi e a gioia altra restii,O di profondi amor dolenti o lieti;Famosi al mondo, o della propria famaE dell’altrui più grandi; austeri in vista,Qual terren che fuor geli e che dentr’arda;Ferma in volere, all’operar gagliardaFate l’anima mia, che nuove acquistaTempre dagli anni, e più mollemente ama:D’aure virtù spiranti, e di segretiCenni e messaggi la beate, o pii,Lumi d’amor, per me nel cielo accesi.Tu, mio Melan, che la sopita menteCon lo splendor della parola argutaA calde fantasie mi concitasti;Rammenti or più le passeggiate nottiLungo la Brenta, e l’usignol che al mestoConcento rispondea de’ tuoi pensieri?Tu che all’irato duol dell’AlighieriE agl’italici pianti il cor m’hai desto,Che i lenti ingegni o a turpe insania rottiE il secolo irrisor meco sdegnasti,Filippi, ove se’ tu? Forse già mutaÈ in te la voce dell’afflitto assente.Te pur conobbi, e il tuo fervente ingegno,Qual compresso liquor, Biava, saggiai.Te che dall’alto del dolor poggiastiAl ciel, S ..., invidïai con gioia;Semplice, caldo, pazïente amico,Padre nel duol beato, e sposo amante.O Angela, o Maria, pietose e santeAl giovanetto nel patire antico,Nè vi vedrò più forse anzi ch’io muoia.Cara coppia e gentil, non obliasti,Spero, gravata de’ tuoi proprii guai,Chi del tuo puro affetto ahi non fu degno.S’io li trovassi un dì, quanto cangiatoL’uno all’altro parrìa da quel di prima,I pensier’, gli atti, il viso, e la parola!Solo il misero cuor sarìa quel desso;Senonchè più dolor nella dolcezza,E più quïete nel dolor, parrìa.Navi affrettanti per diversa viaSiam noi nel mondo. Amara e corta ebrezzaÈ l’incontro d’amor, sogno l’amplesso.Sola un’aura ci resta e con noi vola,Ch’or ci spinge, or ci abbatte, or ci sublima,Pur mormorando il suon d’un nome amato.