• A Lucia de Thomasis

    A Lucia de Thomasis Chi di Napoli tua l’aure e gli ardori, Chi le notti mi dà quete e lucenti, Come l’anima tua? Di nuove cose Chi rinfresca e rinfiamma il mio sentire? Sempre nuovi color’ la fantasia Richiede, e nuovi la parola accenti, L’affetto a disfogar dell’Uno immenso Che l’indomato cuor preme e rinfranca. Ahi di natura l’immortal bellezza, Come lontano suon, languida giunge Per l’appannato vel degli occhi infermi. Chi sa se prima al sol chiuderò gli occhi, Misero, che alla vita? E notte tetra La fronte involverà, notte il pensiero? Chi sa che l’egro corpo al tuo pensiero Non sopravviva, e tu le vie cammini Fatto ignoto a te stesso, e della bocca T’escano inconsapevoli parole, Com’alito d’aperta sepoltura? Pur sento ancora del pensier la vita, Sento il passar dell’armonie del cielo Per l’alma mia, come sui tetti noti Rondinelle volanti a primavera. Oh nel mesto cammin, pietosa amica, Mi sia de’ buoni il paziente affetto, Come all’ale d’uccel pellegrinante Alto-velata antenna ov’ e’ riposi. Ma quando miri in ciel nuvola mesta, De’ bei color del sole allegra farsi, Pensa, o pietosa, il tuo lontano amico.