• Sofia

    Sofia Sempre più t’amo. E come l’aer vivo Mi circonda, e nutrisce il mio pensiero, L’imagin tua m’attornia, e in me penetra, M’umilia a terra, e mi solleva in alto. E meco invan combatto, e i miei desii Ardo d’aprirti, e tremo, e l’ebbro core Sempre favella più ch’io non vorrei. No, turbar non vorrei con soffio ardente L’anima tua, che, quasi mar profondo, In sè posava, e le lontane stelle E le casette della costa candide E i color’ vaghi riflettea del cielo. Io l’ho turbata; e su’ tuoi giorni, indegno, Di perpetuo dolor nube distesi. E ch’io l’obblii? Se non l’amore, o donna, Il mio rimorso a te mi stringeria. Gravoso a me son fatto, e fuggo il mondo; Ch’ogni parola m’è crudel rampogna: E le memorie mie fuggo, e me stesso. Ma tu riposo ai miei stanchi pensieri, Tu fra la terra e il ciel mia via lucente; Tu la miglior di me parte, Sofia. Ah potess’ io dall’anima trafitta Trarti il mio nome, ed in me solo accôrre, Venerata infelice! i tuoi tormenti. Come pioggia in primavera, Che vien placida e leggera, E ogni goccia è un nuovo fior, L’ amor tuo m’entrò nel cuor. Crebbe in lagrime e in terrori; Con radice di dolori Profondato in noi si sta. Qual tempesta lo svêrrà? Non è impeto del senso, Gli è un ardor quïeto, intenso; Gli è un amplesso de’ voler, Un respiro del pensier. La tua voce al cuore avviso È, Sofia, del paradiso: E gli sguardi e i cenni son Armonia d’etereo suon. Vorrei pingerti qual sei, Pura in cima a’ pensier’ miei, E di lodi a te rizzar, Benedetta, un degno altar. Ma non posso: e a te, Sofia, Non so dir, che, unica mia, Piuma e luce del mio cor, Mio severo e sacro amor. O Sofia, d’austeri affetti Circondiamo i nostri petti; D’ogni buono e d’ogni ver Arda, eletta, il tuo pensier. Ogni cor che in terra geme, D’un amore amiamo insieme; Alto e ardente, come il sol, Ferva, o donna, il nostro duol. Questa del mio penar sola mercede Chieggo, gentile, a te: credi che t’amo. Fra i bisbigli del mondo e le maligne Noje, la voce del lontano amico, La mesta voce del lontano amico Ti si faccia sentir. Gioie non chieggo: La tua pietà ti chieggo. Ogni speranza Con le mie mani mi schiantai dal cuore. Tutto mi attendo; ma che tu mi sprezzi, Nemmen per sogno imaginar potrei. Perchè tu madre, e tu figliuola mia, Ed angelo fidato; e tu mi sei Inesausta bontà, raggio di Dio. Sei tu, Sofia? La notte nera invola Il soave tuo viso all’occhio stanco, Ma sento il suon della virginea voce Che il cuor ferisce e allegra, arde ed acqueta. Come un’aèrea vision, tu vieni A consolarmi. Accanto a me, sorella, Siedi su questa tomba. Il cielo e tutte Le sue innumerabili faville Son degni testimon’ di puro amore. Non t’accostar. Sia tra noi due riparo La pietra del sepolcro. Ah! come morta Tu mi sei; come morto a te son io; Una lontana indagine, siccome Riflessa in acque limpide, che lieve Passa pe’ sensi, e nel pensier si stampa. Un suon di voce, e di memorie caste, Ciascun dì rifiorente, una ghirlanda; Null’altro, o mia gentil, di te mi resta. Come a beata che dal ciel discenda, Tesi ver te le braccia, e mi sparisti. Non temere; asterrò da te la mano, Che più lontano ancor tu non mi fugga. Posato ed alto parlerò, siccome Canuto padre a figlia giovanetta, O come spirto a spirto in paradiso. Dimmi, Sofia, com’è che tanta angoscia Di desìo da’ tuoi occhi, e sì quïeta Gioia in me spiri dalla tua favella? Come, in sì fiero amor, pensier’ sì lieti? Non t’appressar, riprego. Ecco si sente La campana de’ morti. Oh fortunato Chi finì la sua prova, e la battaglia D’onte segrete e rei dolor’ non teme! Donna, oriam per gli estinti, oriam pe’ vivi; Per ogni cuore oriam che piange ed ama. Inginocchiamci: è degno altar la tomba. Oh ardue gioie dell’amor severo, Voi l’egra anima mia sospira e teme: E tu, dolce aria del virgineo viso, Di te m’ispira. Oh! ultima ghirlanda Del nè giovane più nè vecchio capo, Cui del par vita e morte hanno in dispetto, Cara ghirlanda, non ti sfrondi mai L’alito di mie voglie maledette. Oh se coll’aura d’un sospir potessi Suggere i tuoi dolor’ tutti, e morire, O viver sì che fosse il pensier mio Quella parte del tuo ch’arde e patisce! Per un lampo darei del tuo sorriso (Ma che tu nol sapessi) il sangue mio. Ma tu, gentile, i tuoi dolor’ non senti, De’ tuoi superba e misera de’ miei. È a me di tanto amor sino il desio, È peccato il desio. Perchè non posso In te guardar siccome occhio s’affisa In lume lontanissimo di stella, Che non abbaglia il guardo e lo rallegra? Oh s’io dovessi nella tua memoria Giacer com’uggia, errar come rimorso? Or dell’inferno ho doppia imago in mente: Dopo l’ira divina, il tuo disprezzo. Credi al cuor mio. Questo, ch’io t’amo è segno, Che il tuo dell’amor mio credo più grande. Non ha parole il tuo; ma forti, e insieme Miti, pensier’, che volano al conteso Desir con affannata leggiadria; Ma notti insonni, e lagrime rapprese Nel cor dal gelo degli sguardi altrui, E preci amare, e gioie ebbre di pianto. Uscite, uscite dal cuor mio, parole Di velenoso pianto inebriate: E dal carcer del petto esca con voi Parte del reo dolor che mi affatica. Ed io speravo che sarìa possente La mia voce a sanar le piaghe altrui, E i bramosi attutar dubbi feroci! Oh piaghe esulcerate dal sospetto! Sempre, sempre di me, di quest’infermo Fradicio core lamentar degg’io, Mentre in lago di lagrime e di sangue Nuota e boccheggia la famiglia umana. Ah non ruscello la parola mia, Armonïoso all’alme refrigerio; Ma sarà sgorgo di bollente e tetra Acqua che brucia l’erbe ovunque passi. Come mai dall’imagine serena Di te, angelo mio, pensier’ sì foschi? Come da tanto amor tanti dolori? E potriano i dolori esser più fieri, Ma co’ flagelli mi commove Iddio, E non mi strazia: e con voci soavi, Come d’amante timido, mi chiama. Ed io cerco ed invoco il mio periglio, E dell’amor fo come un ferro acuto Che passi il sen ch’è tempio del cuor mio. Oh Angeli, a cui vita è la bellezza, Com’a noi l’aria e la spirata luce, Col ventilar dell’ale trasparenti Refrigerate, prego, l’ardor mio. Oh natura, oh di Dio dolce parola, Di fior, di luce, d’armonie sorreggi L’anima mia, perchè langue d’amore. Oh temuta mia gioia, o disperata Speranza mia, ferree catene porto; Ma in tutti i miei pensier’ le benedico. Meglio nel gran dolor, Donna, m’amavi; Ti ferìan più nel cuore i miei lamenti. Misero, io temo, e nel pensier più gravi Del passato mi stan gli anni vegnenti. No, viver non saprai lontan da’ pravi Della stolta cittate allettamenti, Nè consolata sostener gl’ignavi Del tuo misero amico anni cadenti; Nè in poveretta veste e in umil tetto Starti romita; nè partir con lui Abondante calunnia e scarso pane. Ma che vaneggio? E a che temendo affretto Le mie rovine? Un sol de’ sguardi tui Empie del suo splendor più vite umane. Come corpo in cui spiri anima nuova, Sorgono i miei pensieri; e li ravviva Di Dio lo spirto, e d’una donna il nome, Degna ministra all’infinito amore. Quelle parole che al cuor mio tu suoni, Umano amor non ispirò giammai. Dell’umiltà le strade e del perdono Corro teco, e n’è santo il mio dolore. E questa notte, che con nuove punte Mi strazia, o donna, il tuo patir, non fremo, Gemo, e perdono, e spero, e prego, e canto. Degno foss’io di te! Qual di fanciulla Ch’altro non pensa che sua madre e Dio, Duri l’affetto nostro: e tal si specchi Il tuo nel mio pensier, come fratello Vede sorella, ambo beati in Dio. Come tu del pudor sull’alta cima Con le amorose braccia mi levasti, Deh! potess’io sovra più alte cime Con le amorose mie braccia levarti, Rapir l’un l’altro al mondo, e unirci in Dio. Non ti conosce il mondo: unica cosa, Unica in terra, e mia. D’amor ghirlanda All’angelico capo unica avrai. Dolce Sofia, candor de’ miei pensieri, E dell’anima stretto abbracciamento, Fonte di freschi e limpidi piaceri, Celeste cosa è quel che di te sento: E dai dolor’, da’ freddi anni severi All’ardor mio verrà nuovo alimento; Così la tomba in sacro altar si crea, Spira dall’ossa morte eterna idea. Serba, o pensier mio vedovo, Delle memorie il fiore. Quant’ebbe di più vergine, O donna, il nostro amore, Rimanga al mio dolor. Sorella del mio gemito, Sposa del mio pensiero, Tu sarai lume limpido Fra la mia mente e il vero, Tra la bellezza e il cor. Alla mia mensa tacita, Nella solinga via, Com’angelo invisibile, Sempre t’avrò, Sofia, Sempre vivrò con te. Sei mia. Di forti vincoli Mi t’ha ’l dolore avvinta. Pria che, o gentil, tu giaccia Nelle mie preci estinta, Mi scorderò di me. Fra il mio, Donna, e il tuo bacio Starà infinito Iddio. Tu fra le umane imagini E il desiderio mio, Starai, virgineo vel. Pregar non posso, o credere Ch’io muoia nel suo cuore. Ma tu in mio nome, o Vergine, Parla al cuor suo d’amore, Come si parla in ciel. La grazia sua continua, Il mio pensiero irrori, E fuor di me diffondasi Come l’odor dai fiori, Come dall’arpa il suon. Ad ogni passo dubbio, «Che ne di’ tu, Sofia?» Domanderò con l’anima. Ella è la voce mia, Il suo sospiro io son. Che fa se il mondo tiepido Le fiamme mie non ama? Tu mi conosci. E cupido Quasi verrei di fama Per farne un dono a te. Ma io delle tue lagrime Ebbi, ahi sì ricco, il dono: E quasi prece timida Veniva il tuo perdono, O generosa, a me. Come del caro pargolo Madre la dolce vita Riguarda, o come medico Fonda del sen ferita Tratta con lieve man, Tu mi trattasti; e gl’impeti Dell’ira e del sospetto In te domavi. Ah gli uomini, Quand’hanno un forte affetto, Farlo sì pio non san. Gioie d’amor terribili, Non vi desìo nè spero. Pura terrai le splendide Cime del mio pensiero, Gli abissi del mio cor Pura terrai. Suoi gaudii Ha duol voluto e certo: Ed è quïete altissima, Come di gran deserto, In disperato amor. Ma guai se pieno il turbine Dà nelle arene ardenti! Se, a quïetar mie smanie, Altri ci vuol tormenti, Li aspetto, o buon Signor. Quando il dolor le numera, Lunghe, ah son lunghe, l’ore. Ma l’ore e i giorni passano, E gli anni; e alfin si muore: Giunge la pace alfin. Lassuso indivisibili, Sofia, gli affetti, e santi. Che son le nostre lagrime? Poca rugiada avanti La luce del mattin.