• I sogni

    I sogni Come al letto di madre inferma e povera, Dopo lunga stagion, da terre estranie Torna di notte incanutito il figlio, Ma lo risente della madre il cor; Così ne’ sogni le smarrite imagini Che il pensiero educò negli anni giovani, Tornano miste in dubbia luce, e l’anima Conosce i segni dell’antico amor. Come giacea quel popolo Entro alla mente inconscia Muto per tanta età? E qual virtù lo suscita, E, a sè medesmo incognito, Per l’ombre errar lo fa? Un solo pensiero, rifratto nell’anima, È mille pensieri: la turba degl’idoli Nel buio moltiplica, sfavilla e dispar. Antiche e recenti memorie si mescono; Speranze e sgomenti, in sè si confondono, Gorgogliano e rompono, com’onde del mar. Ma la legge, o Signor, che dalle tenebre Cogliea le stelle, e dell’ardente nuvola, Che terra si chiamò, faceva oceani, E freschi rivi e perle e uccelli e fior’; Quell’una legge delle idee l’origine Regge e de’ sogni, e gl’impeti del cuor. Come gioja di prole gemella, Come dubbia d’aborti jattura, O di mostri compage, Natura, In sue norme costante, creò; Come spunta chiomata una stella, Sormontando agli altissimi abissi Minacciosa, che a’ giri prefissi, Quasi uccello al suo nido, tornò. Perchè quella foglia Si leva dall’albero E languida cade al mio piè? Perchè quella nuvola Si tinse in vermiglio, E quella di perla si fè? Ogni respir di zefiro, Ogni brillar dell’Iride, Tutto è misura e numero D’altissima ragion. Ogni pensier fuggevole, Ogni sospir dell’anima, È nota inestinguibile Dell’intima canzon. Nè son già spenti o mutoli, Nè in terra ignota pellegrini od esuli, I pensier’ che lo spirito Mosse dall’alba del suo primo dì. Tutti di sè lo investono, Com’aria viva o di vapor’ pestifera, Quale e’ la fea con l’alito: Egli il suo fato a sè medesmo ordì. E i sogni son premio, Son pena, che l’Angelo Ci mette nel cor; Soave rimprovero, Presaga memoria, Pietoso terror. Quante, o Signore, aleggiano Su me notturne imagini, Di quanti moti il vigile Pensiero è senso a sè, Tutti di te m’accennino, Mi compiano di te. Ma in che ti vanti, o misero Senno dell’uom? Fantasime È tua scienza, e nebbia Di sogni il tuo sperar. Sognano, lassi, i popoli, E del passato ai laceri Brani il futuro chieggono, Come ad infranta tavola Stretto anelante il naufrago Lotta col bujo mar. Pure memorie degli anni vergini, Gioje de’liberi, preghi degli umili, Dolor’ magnanimi, nell’ore tacite Venite a me. Oh sonno, oh memore oblìo dell’anima, Le care effigie di que’ ch’esiglio O morte involami, al mio colloquio Tornino in te. E mi sian guida, e di lontan m’additino Le sabbie e i pruni dell’antico error. E nel santo rossor dei dì che furono Sorga altamente umilïato il cuor. Dal fior dei dì che furono Scegli, o Signore, ai popoli Le visïon’ che splendono D’eccelsi amor’, di mite libertà; Splenda l’idea nell’opera; E, come poggi sorgono Da’ poggi, in alto ascendano Dalle passate le seguenti età.